La sera del 7 febbraio 1974 la Rai tv trasmise un nuovo, breve documentario della serie "Io e...", intitolato "Pasolini e ... la forma della città",a cura di Paolo Brunatto. Nelle ultime immagini mentre si chiudeva il documentario e dopo aver camminato nervosamente tra le dune di Sabaudia, all'improvviso Pasolini si fermò, esponendo alla telecamera il pallore di un volto sofferto e scavato, e denunciando con assoluta sincerità e asciutta drammaticità, decisamente inabituali per i telespettatori di allora (e di oggi) l'appiattimento culturale, la devastazione estetica e l'imbarbarimento civile a cui ci avrebbe inevitabilmente portato la società dei consumi concepita dalla repubblica post-fascista e in generale da tutti i "regimi democratici" contemporanei.
Oggi assistiamo ad una rottura (crisi) di questa società dei consumi. Pasolini ci aveva visto lungo, forse perché in un momento della nostra storia dove tutti erano presi dall'esplosione economica della società dei consumi, lui si è soffermato a riflettere. Dunque cosa dobbiamo fare noi oggi, per poter vedere la luce (purtroppo ancora troppo lontana) fuori dal tunnel della società dei consumi?
Voglio portarvi a conoscenza di questo articolo trovato sul sito della DECRESCITA FELICE:
La campagna può salvarci dalla crisi
di Ignazio MaioranaLa crisi economica sta facendo saltare tanti posti di lavoro. Saremo costretti a chiedere agli stranieri di ritornare nei loro Paesi perché i lavori più umili ritorneremo a farceli noi. Gli sbarchi clandestini sulle coste siciliane, automaticamente, non avranno ragion d’esistere.
Berlusconi con i suoi “consigli sugli acquisti” invita la popolazione a consumare, a continuare a comprare per non interrompere il giro dell’economia. Se il denaro non ha il valore corrispondente al prezzo della merce o dei servizi, tale raccomandazione è però inutile. Il premier è un imprenditore dagli illimitati interessi, che muove capitali enormi. Potrebbe lui stesso cominciare a restituire almeno l’indennità di carica.
Si stanno fermando importanti settori dell’industria e l’import-export soffre in maniera allarmante. Il flusso verso l’Italia di prodotti di scarsissima qualità a prezzi stracciati, come gli indumenti made in China, peggiora la situazione.
L’unico settore che potrà risollevare le sorti della nostra economia è l’agricoltura con tutti i suoi comparti, in particolare l’allevamento. Chi possiede un metro quadrato di terra se lo tenga caro, presto avrà bisogno di far l’orto o di tenere una capra per il latte. E quanti hanno abbandonato la propria terra (madre) dovranno ritornare in campagna.
La rinascita della campagna e l’autoproduzione consentiranno a tanta gente di avere un’occupazione e di fronteggiare la crisi. La terra ci dà tante risorse, ci dà la vita. Ritorneremo in massa nel mondo rurale? Perché no? È l’ambiente più nobile e più sano che ci rimane a disposizione. Peraltro le condizioni e gli strumenti di lavoro per gli agricoltori di oggi sono sicuramente migliori di ieri. Sta in campagna la via d’uscita dalla crisi. Se però la società civile non ne riconosce il valore e ignora i prodotti genuini che, seppure meno pubblicizzati, la buona agricoltura ancora riesce a garantire, la sofferenza economica sarà ancora più pesante.
Leggi le buone informazioni sul Blog dell'autoproduzione, come personale risposta al consumismo: Con le mani, naturalmente
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