sabato 31 gennaio 2009

Le Eco balle sugli Inceneritori



Ho pensato che questo video fosse molto esaustivo. Ricco d'informazioni e di suggerimenti. Nozioni e consigli che noi della rete e studiosi non imprigionati nella morsa del business dei rifiuti già possiediamo. Veniamo a noi, nel nostro comune una centrale a biomassa da 22MW per il momento è stata bocciata dalle prescrizioni che il Sindaco mediante l'art 5 comma 11 del Decreto Legislativo 59/2005 che rinvia agli articoli 216 e 217 del Regio Decreto del 1934 n°1265, ha effettuato nell'ultima conferenza dei servizi. Resto il fatto che potremmo comunque esser scavalcati dai poteri alti della politica. Da quei dipendenti pubblici che paghiamo per farci amministrare, ma che in realtà sono quasi tutti collusi con gli interessi economici e finanziari che gli vengono forniti dalle multinazionali o dalle grandi aziende inserite nel settore dei rifiuti, energia, acqua e farmaceutica. La regione Lazio o il Ministero dello sviluppo economico potrebbero far passare il progetto e andare avanti con la costruzione della centrale. Ma che centrale sarà? Una biomassa da 22MW? Non ci posso credere perché per produrre 22MW elettrici, c'è bisogno del doppio equivalente in MW termici. Come già abbiamo sentito dire nelle assemblee ci sarebbe bisogno per mandare avanti a pieno regime questo tipo di centrale per 15 anni una quantità spropositata di legno vergine dalla filiera corta. Un esperimento impossibile, almeno che non si fa arrivare legno dal resto d'Italia (impossibile anche questa soluzione per il fatto che altre regioni stanno costruendo mini centrali a biomassa, vedi: ( Le centrali a biomasse legnose da filiera corta crescono ) o da altri continenti.
In questo modo si annullerebbe il principio di filiera corta. Poi quelle mini centrali da 5MW che stanno costruendo in Toscana sono destinate al teleriscaldamento. Qui da noi, a Pontinia, il progetto era quello di una centrale che producesse Energia elettrica. Ripeto, non ci credo che l'intensione sia stata quella di bruciare il legno vergine ( già questo per me che mi sento d'essere un ambientalista, di vivere nel pieno rispetto della natura, è una follia), ma quella di creare una centrale a combustibile(CDR, OLI COMBUSTIBILI E MASSE VEGETALI) con lo scopo di sostenere la più grande(440MW)CENTRALE A TURBOGAS vicina. Quindi niente biomassa, ma solo rifiuti e oli per questo INCENERITORE a tutti gli effetti! Che deve fare il Sindaco veramente per allontanare queste idee malvagie e malsane di questi imprenditori con i soldi degli altri(vedi CIP6)???
Deve cambiare, evolvere la sua coscienza ambientale. Creare un servizio di raccolta DIFFERENZIATA PORTA A PORTA funzionante, chiaro e tecnologico! Come da esempio: Delib.C.C.n.44 del 14/06/07 DEL CONSIGLIO COMUNALE DI CAPANNORI, CAPANNORI: LA RACCOLTA DIFFERENZIATA SALE AL 60%, Capannori: Il porta a porta adesso anche con i mezzi elettrici.
Questo è un primo passo decisivo e fondamentale per aprire un'intera cittadinanza a una coscienza ambientale sensibile, innovativa e rispettosa.

venerdì 30 gennaio 2009

Gli Inceneritori non producono Energia Rinnovabile


L'Enel chiamata in giudizio da "Diritto al Futuro", perché gli inceneritori non producono energia rinnovabile.
Lo sancisce una disposizione dell'Unione Europea. Ogni utente italiano (in possesso di un contratto con l'Enel) paga un sovrapprezzo del 7%.
Si e' svolta sabato mattina a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, la conferenza stampa promossa dall'Associazione "dirittoalfuturo" per la presentazione della vertenza legale nei confronti del gestore della rete elettrica diretta al recupero del sovrapprezzo destinato alle fonti rinnovabili, utilizzato invece per finanziare gli inceneritori.
L'Associazione che raccoglie al proprio interno attivisti da tempo impegnati nel movimento "Rifiuti Zero", prevede nelle prossime settimane migliaia di sottoscrizioni di cittadini utenti che sottoscriveranno le denuncia per il recupero delle quote dal 2004 al 2007.
Il presidente dell' Associazione Rossano Ercolini ha dichiarato: «Finalmente con questa vertenza si offre uno strumento concreto affinche' ogni cittadino utente possa non solo portare alla luce una colossale truffa che ha dirottato nelle tasche dei petrolieri e dei gestori degli inceneritori miliardi di euro pagati con la bolletta elettrica, sottraendoli alle energie rinnovabili, ma anche chiedere la restituzione del maltolto».
Presente alla conferenza anche il prof. Paul Connett, fra i massimi esperti mondiali di gestione dei rifiuti, nonche' rappresentante della Global Alliance Incinerator Alternative, associazione internazionale che raccoglie i comitati e i movimenti di diversi paesi. Connett, dopo aver ricordato che l'Unione Europea ha gia' avviato una pratica di infrazione nei confronti dell'Italia per l'uso illegittimo di questi fondi, ha evidenziato come «si salva molta piu' energia (da 2 a 5 volte) riusando, riciclando e compostando anziche' bruciando cio' che dobbiamo condividere con le generazioni future. Senza il regalo dei sussidi gli inceneritori non sarebbero in grado di coprire gli altissimi costi di trattamento-smaltimento e per questo motivo rappresentano un ostacolo inaccettabile a riciclaggio e compostaggio, via principale per attuare una gestione dei rifiuti pulita ed in grado di promuovere imprese e posti di lavoro».
Già da domani 31 gennaio, nelle principali piazze italiane, saranno presenti tavoli dell'Associazione, con volontari e legali, per la sottoscrizione della denuncia da inviare all'autorita' giudiziaria per il rimborso, pari al 7% dell'importo della bolletta. «L'unico "impegno" per il cittadino sarà quello di firmare di fronte ad un avvocato dell'Associazione versando la quota di dieci euro a copertura delle spese legali. Sara' poi il nostro collegio di avvocati a seguire la vertenza. Nessun rischio per un atto di grande civiltà» ha concluso Ercolini.



Leggi : Vertenza legale per il recupero dei soldi illegalmente prelevati dalle nostre bollette.

giovedì 29 gennaio 2009

Oggi, ancora un'area abbandonata al degrado dei rifiuti sepolti

Oggi abbiamo fatto visita nell'area definita "vasca d'espansione" che si trova adiacente ai laghi gricilli. Come ben sapete quest'immensa area è una località di rilevante interesse ambientale (nel Lazio) in ambito CEE.Un'area territoriale comunitaria per questo non deve essere destinata al suo abbandono. Quando ci siamo trovati al suo interno, abbiamo immaginato come potrebbe essere in futuro, ricreando un ecosistema tipico. Una vasca d'espansione è: un'area delimitata ai confini da alture di terreno riportato. Creata artificialmente dall'uomo, con lo scopo di raccogliere le acque in eccesso (straripamento del fiume che scorrono in quell'area, Ufente). L'immaginazione fa correre idee e progetti. Perché non rendere quell'area d'interesse, ridisegnandola in un progetto dove può nascere un bosco o un parco, un percorso turistico con ciclonatura permanente? Se si pensa che non è nemmeno tanto distante dal centro urbano, un percorso ciclabile si potrebbe estendere fino ai laghi e poi da li creare un percorso naturalistico.
Quante idee siamo capaci di tirare fuori per ridisegnare un luogo che ci appartiene. Ma tornando alla realtà dei fatti, il Non-luogo è rimasto tale, tecnicamente mai usata come vasca d'espansione, ma come al solito: deposito di rifiuti pericolosi. Se avessero lasciato delle buste contenente dell'organico, della carta, non ci saremmo più di tanto scandalizzati, ma laggiù dove finisce la migliara 49, quasi a ridosso dai monti, la scenografia dell'ignoranza è sempre la stessa, anche dopo un anno. Ci sono stati degli interventi da parte dell'amministrazione comunale (hanno portato via qualche cumolo di gomme bruciate) ma non a livello di mettere in atto una coscienza sensibile ambientale. Niente di nuovo. qualche buco, qualche sbarramento, ma i sacchi di juta giganti della Bayer sotterati restano li' come d'altronde le lavatrici, i frigoriferi nel canale e le lastre d'eternit ammucchiate. Queste le foto scattate oggi:



Importante anche l'articolo del 19 Gennaio 2008 : Ambiente altamente a rischio nell'area di interesse dell'Unione Europea
L'articolo termina con : "Il terreno è di proprietà del demanio pubblico anche se bisognerebbe verificare quale ruolo ha il Consorzio di Bonifica nella gestione delle vasche d'espansione. Un mistero che, adesso, è in mano alla Procura della Repubblica e alle altre autorità competenti".

La procura della Repubblica avrà risolto il mistero?

mercoledì 28 gennaio 2009

Introdotto il reato di “incendio di rifiuti”

Guai in vista per chi brucia i rifiuti. Con la conversione in legge 30 dicembre 2008, n.210 (in vigore dal 4 gennaio) del Dl 6 novembre 2008, n.172, con le misure per la gestione dell’emergenza campana, il legislatore, modificando l’articolo 6, ha introdotto il reato di “incendio di rifiuti“.
Si tratta di una nuova figura di reato per punire la quale la pena prevista e’ la stessa che viene comminata per i reati di abbandono, scarico o deposito di rifiuti pericolosi, speciali o ingombranti, una multa cioe’ tra i 100 e i 600 euro. Le misure dispongono inoltre il sequestro preventivo del mezzo eventualmente utilizzato per commettere i reati e la sua confisca in caso di condanna definitiva.
Fonte:(rainews24.it)

Vi ricordano qualcosa queste immagini?



E' passato un anno da quando la Rete dei cittadini di Pontinia ha denunciato tramite i media la scandalosa discarica, pardon come venne chiamata sui giornali: deposito temporaneo di rifiuti, nell'area a protezione speciale dei gricilli. Per non dimenticare:
Pontinia, discarica abusiva video choc dei cittadini

E OGGI???

lunedì 26 gennaio 2009

Racconta il tuo territorio

Avete letto il post su STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO?
Avete firmato la petizione? Bene, allora che ne dite di partecipare a RACCONTA IL TUO TERRITORIO?
Traggo dal sito STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO le parole che vi invitano ad un'importante iniziativa.
Questo spazio è a disposizione di tutti, per raccontare il proprio territorio.
Vuol dare la possibilità di mettere in comunione la fisicità del proprio ambiente abitato e vissuto, di una piccola frazione come di un grande quartiere cittadino: il negativo e il positivo.

Servono denunce dello stupro del territorio concrete circostanziate: fotografate o filmate. E serve parimenti raccontare le realizzazioni in positivo e le scelte virtuose. Nell’uno e nell’altro caso, pur non escludendo interventi diretti nelle singole situazioni che lo richiedano, sarà una crescita del comune sentire per tutti.

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Potete inviare i materiali (testi e foto) all'indirizzo: racconta @ stopalconsumoditerritorio.it
Per i video vi chiediamo di caricarli su YouTube e mandarci il link.

domenica 25 gennaio 2009

CONVENZIONE DI AARHUS

Oggi voglio porvi a conoscenza che esistono delle leggi che parlano la nostra stessa lingua, delle leggi che proteggono i nostri diritti alla salute. Inseriscono nei loro testi delle parole che mi mettono gioia, mi sembra di vivere in un sogno, parole come sviluppo sostenibile, diritto alla vita e benessere umano che sono contestualizzate in una tematica, "l'ambiente", che i nostri dipendenti pubblici non digeriscono facilmente, come potete leggere al seguente link: Diritti ambientali. Chi boicotta la Convenzione di Aarhus? Ebbene si, esiste una convenzione, ma a quanto pare la situazione è rimasta ferma a circa due anni fa, quando c'era tra i nostri dipendenti un Ministro dell'ambiente quasi Ministro e quasi dell'ambiente. Oggi come ben sapete, le leggi a cui tengono di più i governanti del nostro Stato, riguardano si il benessere e la protezione(non l'informazione, quella ce la siamo giocata già)ma degli interessi personali e privati di chi risiede le alte cariche dello Stato. Non voglio continuarvi ad annoiare su questo tema ci sarebbe da dibattere a lungo, cerchiamo di rientrare nel tema. Buona lettura.

CONVENZIONE DI AARHUS

La "Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l'accesso alla giustizia in materia ambientale", in vigore dal 2001, è stata firmata nella cittadina danese di Aarhus nel 1998 e vi aderiscono 39 Stati membri della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) e l'Unione Europea.
L'Italia, con la legge 108 del 16 marzo 2001, è stata uno dei primi paesi a ratificare la Convenzione di Aarhus, il secondo dell'Unione Europea dopo la Danimarca.
La Convenzione rappresenta uno strumento internazionale di fondamentale rilevanza per la sensibilizzazione e il coinvolgimento della società civile sulle tematiche ambientali. Affermando la necessità di salvaguardare, tutelare e migliorare lo stato dell'ambiente e di assicurare uno sviluppo sostenibile e senza rischi per l'ambiente.Riconoscendo che un'adeguata tutela dell'ambiente è indispensabile per il benessere umano e per il godimento dei diritti fondamentali, compreso il diritto alla vita.Riconoscendo altresì che ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l'ambiente, individualmente o collettivamente, nell'interesse delle generazioni presenti e future. Considerando che, per poter affermare tale diritto e adempiere a tale obbligo, i cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale, e riconoscendo che per esercitare i loro diritti essi possono aver bisogno di assistenza.

Vi ricordo che domani 26 Gennaio alle ore 12.00 ci sarà una riunione in comune per il caso ambientale connesso alla centrale Biomasse.

sabato 24 gennaio 2009

Ne abbiamo il diritto

Mi piacerebbe discutere e approfondire con voi il discorso del dissesto economico finanziario che ha invaso le casse del nostro comune. Da tempo ormai è iniziato il rimpallo di notizie sui quotidiani locali, ma penso in pochi hanno affrontato questo tema pubblicamente, magari con un'assemblea cittadina. Potremo parlarne democraticamente, solo con l'obiettivo di capire cos'è successo ai nostri soldi. Perché dopotutto dei nostri soldi stiamo parlando. Purtroppo ne hanno fatto una discussione personale e privata, ma dopo aver letto il messaggio del comico genovese, che sempre con puntuale arguzia ci porta a conoscenza di fatti e misfatti che riguardano i nostri dipendenti pubblici, mi è venuta una certa sensazione. Comuni casinò è il post di due giorni fa, con determinazione e lucidità di pensiero ci comunica che: "I Comuni italiani hanno qualcosa in comune: 35 miliardi di euro di investimenti in fondi, obbligazioni, derivati e altre forme di carta diventata straccia" poi: "Non mi risulta che i funzionari dei Comuni siano degli esperti finanziari e neppure che la cittadinanza gli abbia attribuito la facoltà di usare i suoi soldi per comprare azioni della Lehman Brothers o della Bank of Scotland. In pratica i nostri sindaci si sono improvvisati banchieri con i nostri soldi e hanno perso tutto". Azzardo con una mia ipotesi, correggetemi se sbaglio (d'altronde i commenti in un blog servono anche a questo), il dissesto finanziario del comune di Pontinia e la bancarotta delle banche, sono due cose collegate? I nostri Sindaci in passato hanno investito i soldi pubblici con le banche che oggi sono crollate? Questo dissesto che impedisce all'amministrazione attuale di poter far partire importanti progetti per la comunità (per esempio la raccolta differenziata porta a porta), è frutto di investimenti sbagliati? Non è forse giusto chiedere delle spiegazioni? Ne abbiamo il diritto. Una comunità si riconosce anche in questo. C'è qualcuno di buona volontà e con le risorse adatte che può spiegarci cos'è successo alle casse del nostro comune? Economisti, matematici finanziari, assessori o consiglieri di bilancio fatevi avanti!

venerdì 23 gennaio 2009

STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO

L’Italia è un paese meraviglioso. Ricco di storia, arte, cultura, gusto, paesaggio.Ma ha una malattia molto grave: il consumo di territorio.

Un cancro che avanza ogni giorno, al ritmo di quasi 250 mila ettari all’anno. Dal 1950 ad oggi, un’area grande quanto tutto il nord Italia è stata Seppellita sotto il cemento.


Firma la petizione

Il limite di non ritorno, superato il quale l’ecosistema Italia non è più in grado di autoriprodursi è sempre più vicino. Ma nessuno se ne cura. Fertili pianure agricole, romantiche coste marine, affascinanti pendenze montane e armoniose curve collinari, sono quotidianamente sottoposte alla minaccia, all’attacco e all’invasione di betoniere, trivelle, ruspe e mostri di asfalto.

Non vi è angolo d’Italia in cui non vi sia almeno un progetto a base di gettate di cemento: piani urbanistici e speculazioni edilizie, residenziali e industriali; insediamenti commerciali e logistici; grandi opere autostradali e ferroviarie; porti e aeroporti, turistici, civili e militari.

Non si può andare avanti così! La natura, la terra, l’acqua non sono risorse infinite. Il paese è al dissesto idrogeologico, il patrimonio paesaggistico e artistico rischia di essere irreversibilmente compromesso, l’agricoltura scivola verso un impoverimento senza ritorno, le identità culturali e le peculiarità di ciascun territorio e di ogni città, sembrano destinate a confluire in un unico, uniforme e grigio contenitore indistinto.

La Terra d’Italia che ci accingiamo a consegnare alle prossime generazioni è malata. Curiamola!

Movimento di opinione per la difesa del diritto al territorio non cementificato

Manifesto nazionale
Il consumo di territorio nell’ultimo decennio ha assunto proporzioni preoccupanti e una estensione devastante. Negli ultimi vent’anni, il nostro Paese ha cavalcato una urbanizzazione ampia, rapida e violenta. Le aree destinate a edilizia privata, le zone artigianali, commerciali e industriali con relativi svincoli e rotonde si sono moltiplicate ed hanno fatto da traino a nuove grandi opere infrastrutturali (autostrade, tangenziali, alta velocità, ecc.).

Soltanto negli ultimi 15 anni circa tre milioni di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati. Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza. La sua cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini.

Questa crescita senza limiti considera il territorio una risorsa inesauribile, la sua tutela e salvaguardia risultano subordinate ad interessi finanziari sovente speculativi: un circolo vizioso che, se non interrotto, continuerà a portare al collasso intere zone e regioni urbane. Un meccanismo deleterio che permette la svendita di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo, per finanziare i servizi pubblici ai cittadini (monetizzazione del territorio).

Tutto ciò porta da una parte allo svuotamento di molti centri storici e dall’altra all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, che significano a loro volta nuove domande di servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti. Dando vita a quella che si può definire la “città continua”. Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi troviamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima: una “conurbazione” ormai completa per molte aree del paese.

Ma i legislatori e gli amministratori possono fare scelte diverse, seguire strade alternative? Sì!

Quelle che risiedono in una politica urbanistica ispirata al principio del risparmio di suolo e alla cosiddetta “crescita zero”, quelle che portano ad indirizzare il comparto edile sulla ricostruzione e ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio esistente.

Il movimento di opinione per lo STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO e i firmatari individuano 6 principali motivi a sostegno della presente campagna nazionale di raccolta firme.

STOP: PERCHÉ?

1. Perché il suolo ancora non cementificato non sia più utilizzato come “moneta corrente” per i bilanci comunali.
2. Perché si cambi strategia nella politica urbanistica: con l’attuale trend in meno di 50 anni buona parte delle zone del Paese rimaste naturali saranno completamente urbanizzate e conurbate.
3. Perché occorre ripristinare un corretto equilibrio tra Uomo ed Ambiente sia dal punto di vista della sostenibilità (impronta ecologica) che dal punto di vista paesaggistico.
4. Perché il suolo di una comunità è una risorsa insostituibile perché il terreno e le piante che vi crescono catturano l’anidride carbonica, per il drenaggio delle acque, per la frescura che rilascia d’estate, per le coltivazioni, ecc.
5. Per senso di responsabilità verso le future generazioni.
6. Per offrire a cittadini, legislatori ed amministratori una traccia su cui lavorare insieme e rendere evidente una via alternativa all’attuale modello di società.

I seguenti firmatari richiedono una moratoria generale ai piani regolatori e delle lottizzazioni, in attesa che ciascun Comune faccia una precisa “mappatura” di case sfitte e capannoni vuoti.

Sottoscrivono quindi questo manifesto perché si blocchi il consumo di suolo e si costruisca esclusivamente su aree già urbanizzate, salvaguardando il patrimonio storico del Paese.

Firma la petizione

giovedì 22 gennaio 2009

Invettiva contro la Casta

La nostra è una specie di rabbia che mischiata a insofferenza ci porta ad esprimere e a tirare fuori parti di noi che forse non avremmo mai pensato di poterle sviluppare.
Come vi dicevo ieri, sto studiando sociologia della musica. Nel libro che sto leggendo di Gianni Borgna: "Storia della canzone italiana", c'è anche un piccolo accenno a come è nata la tv. Ufficialmente il 3 Gennaio 1954 la Rai manda in onda la prima trasmissione ufficiale, presentata da Giuseppe Bozzini. In serata va in onda Settenote primo passo verso quel connubio televisione-musica leggera. Nell'Italia del 1954 c'erano due milioni di disoccupati, il reddito medio pro capite era di 258.000 lire, le automobili in circolazione 690.728. Il prezzo medio del televisore da 14 pollici era di 160.000 lire, i teleabbonati nel febbraio 1954 circa ventiquattromila, ovvero il 5% della popolazione possedeva un televisore. Oggi abbiamo una situazione dove i disoccupati aumentano ogni giorno di più, causa la crisi, e milioni ne diventeranno nei prossimi mesi come riporta Grillo nel suo blog: Gli zoccoli dei bisonti. Il reddito procapite per chi riesce a trovare un lavoro è di 1000 euro al mese e quasi mai si riesce ad arrivare a fine mese. Le automobili sono: 58 ogni 100 abitanti, i teleabbonati sono 1l 99% della popolazione e con i televisori siamo sulla stessa statistica delle automobili. Cosa è cambiato? Che cosa è successo all'italiano medio? Come siamo riusciti ad arrivare a questa situazione?
Io ho le mie di risposte ma sono curioso di sapere cosa ne pensate. Rispondetemi nei commenti! Ora voglio proporvi la lettura di un commento lasciato da Luigi giorni fà.
Secondo me riassume la situazione di Caos in cui ci troviamo oggi. Se ancora non ve ne siete accorti allora: SPEGNETE LA TELEVISIONE!

INVETTIVA CONTRO LA CASTA
Abbiamo riposto in loro le nostre speranze per un futuro migliore, li abbiamo votati per amministrare la nazione il nostro territorio l'economia la cultura la nostra vita ci hanno traditi nel peggiore dei modi, l'inganno la menzogna la truffa è il nuovo ordine costituito e diffuso tra i partiti e di chi li compone, individui disposti a tutto per rimanere al comando o per arrivarci anche formando orde di barbari per ottenere il potere, ingestibili uomini, impossibili compromessi, inattuabili programmi elettorali ma con un solo obiettivo raggruppare voti e consensi popolari per razziare la ricchezza comune, non uno di questi immondi esseri è in grado di mostrare un cenno d'umiltà intellettuale, ne un barlume di autocritica ne di coscienza, ignoranti che non hanno una giusta valutazione delle proprie doti, delle proprie capacità di intendere, di conoscere, di rendersi conto di qualcosa, del giudizio etico, sensibilità morale, neppure quell’avvertimento interiore che porta l'uomo ad approvare o a disapprovare le proprie azioni, secondo il concetto che ha del bene e del male, ne in grado di capire una circostanza nella quale si impone una scelta morale, stolti uomini che subdolamente s'ingraziano il popolo tra cene e sorrisi ipocriti truffandone la buona fede per poi con protervia dilapidare tutto, dalle ricchezze economiche alle risorse naturali e sociali perfino quelle umane ed intellettuali premiando altri esseri come loro stolti individui prezzolati disposti a pagare per farsi corrompere per affiancare la barbarie di chi ottiene il potere.

Luigi

mercoledì 21 gennaio 2009

Barack Obama e il mondo che cambia

OBAMA (a sinistra) BERLUSCONI (a destra) BRUNETTA (al centro)

Washington, 20 gennaio 2009 -
Il testo integrale del discorso inaugurale di Barack Obama come presidente degli Stati Uniti d’America: Il discorso integrale

Leggi IL REPLICANTE : VAI OBAMA

ciò che più ci interessa è SAPERE!

Ci sono tre motivi per cui non ho più scritto nuovi post. Il primo è che sto studiando in vista dei prossimi esami, il secondo è che in Italia ci troviamo in una situazione disastrosa con l'Adsl e il terzo motivo si riconduce al fatto che non ho fonti al di fuori del web. Non posso sapere cosa succede in città, perchè come la maggior parte dei cittadini non la vivo, non ci sono centri d'aggregazione e di conseguenza mi è difficile interagire con l'informazione, almeno che non scendi in piazza e inizi a indagare e a intervistare! Ma come vi dicevo prima in questo periodo sono alle prese con la sociologia della musica, al massimo posso parlarvi di come è nato il Festival di Sanremo o di come hanno fatto i "cantautori" ad affermarsi o sempre se vi interessa sapere quando è nata la televisione...
Ma ciò che più ci interessa è SAPERE!
Sapere sinonimo di conoscere, venire a conoscenza, ebbene sì, in questa giungla di informazione, bisogna saperla riconoscere, infatti vi domando: siamo proprio convinti di sapere come stanno le cose? Sappiamo che fine a fatto l'iter della turbogas? E la situazione degli espropri?
In quest'ultimo periodo siamo alle prese con il caso Biomasse. Si, infatti eravamo rimasti alla conferenza dei servizi che si doveva svolgere il 13 Gennaio. Vediamo come sono andate le cose: Biomasse, progetto in salita
Il 16 Gennaio leggiamo sul quotidiano che il Sindaco Tombolillo è fiducioso del verdetto e che la battaglia è ancora aperta.
E' stata fissata per il 27 Gennaio l'ultima riunione per decidere il futuro della centrale a biomasse della Pontinia Rinnovabili Srl, cosi' si legge sull'articolo del 18 Gennaio : Centrale biomasse, la conferenza.
Poi che succede? Il giorno dopo sullo stesso quotidiano leggiamo un altro articolo a firma di Antonio Subiaco: Biomasse, il fronte del si.
In questo si cerca di creare quello che i giornalisti spesso provono a fare, ma che quasi mai ci riescono, vedere anche l'altra parte della facciata, ma in questo di caso vediamo l'altra frittata, si quella che è stata girata!
Si legge: la centrale porterà 50 nuovi posti di lavoro, un investimento di 80 milioni di euro sul territorio e 150mila euro di ristoro all'anno al comune. Inoltre la scandalosa osservazione che l'inquinamento è planetario e non si risolve nel locale. Per questi attenti ambientalisti dal portafoglio allargato, ci sono sempre questi studi scientifici che dimostrano che l'inquinamento non esiste, ma che mai riportano la fonte o il nome di chi ha pubblicato questa impressionante scoperta scientifica! Mah...il problema è che noi cittadini tesi ad alzare la testa, forti nel cercare di capire e di sapere, siamo proprio una spina nel fianco per chi lavora sia in Amministrazione Comunale facendone una SPA, sia nel privato avanzando i propri interessi personali.

domenica 4 gennaio 2009

Sos bambini articolo su la voce dell'emergenza

Sos bambini
Crescono del 2 per cento l’anno le neoplasie infantili in Italia. Con picchi spaventosi in prossimità di aree industriali o inquinate. Colpa di smog e pesticidi. E della contaminazione della catena alimentare.
Articolo di Emiliano Fittipaldi de “L’Espresso”.

Nelle Marche tra il 1988 e il 1992 il Registro tumori ha segnalato 93 bambini malati. Dieci anni dopo, sono diventati 171. Un raddoppio secco. A Parma i casi sono passati da 27 a 53. A Sassari, nello stesso arco di tempo, gli under 14 ammalati di tumore sono triplicati. Il bollettino è agghiacciante, la fonte autorevole: i numeri che nessuno vorrebbe leggere li sciorina il rapporto Airtum 2008, il primo del suo genere, cofirmato dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, dall’Associazione di ematologia e oncologia pediatrica e dall’Istituto superiore di sanità. Lo studio evidenzia che nel nostro Paese, tra il 1988 e il 2002, c’è stato un aumento medio dei tumori infantili del 2 per cento l’anno. I tumori sono bastardi, nessuno sa esattamente quale sia la causa. Per ogni cancro ci sono diversi fattori di rischio possibili, e tutti lavorano insieme ad avvelenare l’organismo. Così davanti al trend gli epidemiologi intervistati invitano a non trarre conclusioni affrettate, ma quasi nessuno nega che tra i maggiori sospettati ci siano l’inquinamento, i pesticidi e la contaminazione della catena alimentare. Basta pensare alla diossina che, attraverso le carni, il latte e l’acqua, arriva direttamente sulle tavole: se da giorni l’Europa dà la caccia ai maiali e bovini irlandesi avvelenati, nei mesi scorsi la sostanza cancerogena ha già compromesso interi greggi di pecore che pascolavano a ridosso dell’Ilva di Taranto e migliaia di bufale vicino Caserta.

Il dottor Gianfranco Scoppa il rapporto sui tumori infantili non l’ha letto. Ma la sua percezione sull’andamento delle malattie è addirittura peggiore dei dati pubblicati dall’Airtum. Il radioterapista, ex oncologo del Pascale, oggi dirige l’Aktis di Marano, uno dei più grandi centri di radioterapia della Campania. “Crescono sarcomi, linfomi, leucemie. Vedo entrare troppi bambini, stiamo diventando una struttura pediatrica“, spiega. A 800 chilometri di distanza, a Mantova, pochi giorni fa uno studio di una società privata ha messo in allarme la città e la vicina Cremona: nelle due province la frequenza di leucemie infantili sarebbe rispettivamente 20 e dieci volte superiore a quella registrata mediamente in Lombardia. “I numeri sono abnormi, credo abbiano confuso i singoli casi con il numero, più alto, dei ricoveri“, spiega Paolo Ricci, epidemiologo dell’Asl mantovana. “Ma in provincia un dato da approfondire c’è davvero“. A Castiglione delle Stiviere, meno di 20 mila abitanti, negli ultimi anni sono stati accertati sette casi di leucemie infantili. “Un fatto anomalo, l’incidenza è rilevante. Ricordiamoci che si tratta della zona più industrializzata della provincia, un distretto dove la mortalità rincorre quella di Brescia“. Anche a Lentini, in Sicilia, i bambini si ammalano con frequenza eccessiva: i tassi del periodo 1999-2003 del registro territoriale di patologia segnano una media dieci volte superiore rispetto a quella della provincia di Siracusa. Picchi anomali che hanno convinto la Procura ad aprire un’indagine per tentare di capirne le origini.
Di sicuro in Italia il trend è anomalo rispetto al resto dei paesi industrializzati: doppio rispetto a quello europeo, addirittura cinque volte più alto rispetto ai tassi americani. Molti si affrettano a spiegare la tendenza con la diagnosi precoce e le nuove tecniche che permettono di cercare le malattie con strumenti più raffinati rispetto al passato. Ma la risposta, per gli esperti più attenti, è insoddisfacente: equivarrebbe a sostenere che tedeschi, francesi e svizzeri (dove l’incidenza è più bassa) sarebbero meno bravi di noi a individuare il male. Non solo: l’incremento è troppo rilevante. Entrando nello specifico, se nel Vecchio Continente i linfomi infantili aumentano con una media dello 0,9 per cento annuo, in Italia la percentuale sale al 4,6 per cento. Anche le leucemie viaggiano a tasso quasi triplo, mentre i tumori del sistema nervoso centrale crescono del 2 per cento, contro la riduzione dello 0,1 registrata in Usa.

“I dati dei nostri registri trovano un utile complemento in quelli raccolti da registri ospedalieri e di mortalità”, commenta secco Corrado Magnani del Centro di prevenzione oncologica del Piemonte: “I risultati concordano con le indicazioni di tassi di incidenza relativamente elevati nel panorama internazionale e indicano un incremento statisticamente significativo dell’incidenza“.

In Italia ogni anno si ammalano circa 1.500 bambini e 800 adolescenti dai 15 ai 19 anni. Soprattutto di leucemia (un terzo del totale), linfomi, neuroblastomi, sarcomi dei tessuti molli, tumori ossei e renali. I numeri assoluti sono bassi, e fortunatamente i tassi di mortalità diminuiscono grazie all’efficacia delle cure. L’incidenza, però, sembra destinata a crescere. “Per i bambini le previsioni non sono rosee“, dice l’Airtum: “Le stime, calcolate utilizzando le informazioni raccolte nelle aree coperte dai registri e i dati di popolazione Istat, indicano che ci sarà un aumento dei casi“. Se la tendenza resterà costante, nel periodo 2011-2015 si ammalerà il 18 per cento di under 14 in più rispetto al quinquennio 2001-2005. Il fenomeno riguarda sia il Nord che il Sud. Gli epidemiologi hanno preso in considerazione solo i registri che rilevavano i tre periodi presi in esame: quello che va dal 1988 al 1992, il periodo 1993-1997 e quello 1998-2002. A Sassari i bimbi ammalati passano da 12 a 40, a Napoli da 33 a 114. A Latina si passa da 38 a 52, a Modena, Parma, Ferrara e Reggio Emilia stesso rialzo, il registro della Romagna ha raddoppiato i suoi iscritti. Identico trend per l’Alto Adige, mentre l’aumento è meno preoccupante per il Friuli. In Liguria e in Piemonte, che può vantare il registro più antico, l’incidenza è invece stabile, come a Salerno e Ragusa.
Ma cosa sta succedendo? I medici dell’ambiente dell’Isde non hanno dubbi, e considerano l’aumento delle neoplasie dei bambini un indicatore assai preoccupante. Puntano il dito sull’inquinamento selvaggio, sui danni provocati dai rifiuti tossici e dall’uso dissennato di sostanze nocive in agricoltura e nella produzione dei beni di massa. Gli epidemiologi puri - in mancanza di evidenze dimostrate da studi scientifici definitivi - sono tradizionalmente più cauti su cause e fattori di rischio. Stavolta, però, anche loro non escludono che l’inquinamento ambientale e lo stile di vita di bambini e genitori possano avere responsabilità rilevanti sul fenomeno. Benedetto Terracini è uno dei luminari dell’epidemiologia dei tumori, e da qualche settimana ha iniziato un carteggio con alcuni colleghi per cercare di dare un’interpretazione al rapporto, insieme a indicazioni operative per possibili misure di salute pubblica. “Non si può affermare con certezza che l’aumento sia dovuto all’inquinamento“, chiosa, “ma è plausibile che influiscano fattori esterni a quelli genetici: sono decenni che sappiamo che le frequenze tumorali sono correlate all’ambiente. I cinesi che emigrarono in Usa si ammalano oggi esattamente quanto e come gli americani, proprio come accade ai pugliesi a Milano e agli italiani partiti per l’Australia. Il lavoro dell’Airtum è il massimo che si può fare in termini statistici, ma ora bisogna agire“. Terracini dubita che in tempi brevi gli scienziati potranno dimostrare definitivamente il coinvolgimento di fattori legati all’inquinamento. “Ma anche se non si può dire che benzene e smog fanno venire il cancro agli under 14, si possono applicare rapidamente politiche precauzionali: non servono certo altri studi per sostenere che vivere vicino a una strada a grande traffico non fa bene alla salute. Bisogna difendere i bambini a priori, senza fare allarmismo usando un tema delicatissimo come le neoplasie infantili“.

Se i ‘ragionevoli dubbi’ sul rapporto tra inquinanti e tumori non sono ancora diventati legge scientifica, serpeggiano con sempre maggior insistenza nelle conclusioni di autorevoli ricerche internazionali. Nel 2005 un report dell’ateneo di Birmingham ha evidenziato che i piccoli che abitano nel raggio di un chilometro da uno snodo di traffico ‘importante’ hanno un rischio 12 volte più alto di ammalarsi, mentre due anni fa ricercatori delle università di Milano e Padova mostrarono un legame tra inquinamento da diossina prodotto da inceneritori per rifiuti industriali e urbani e l’insorgenza di sarcomi nella provincia di Venezia. Anche a Mantova un rapporto dell’Asl (che a breve verrà pubblicato dall’Istituto superiore di sanità) ha ufficializzato un nesso tra sarcomi dei tessuti molli e le sostanze diossino-simili osservate intorno al polo industriale di Mantova, dove insistono il petrolchimico dell’Enichem, le Cartiere Burgo, tre centrali termoelettriche, tre discariche per rifiuti tossici e un inceneritore per rifiuti industriali e sanitari. Basata sul contributo di esperti di rilievo come Pieralberto Bertazzi, Pietro Comba, Paolo Crosignani e il compianto Lorenzo Tomatis, la ricerca spiega che il rischio più alto che ha la popolazione residente vicino all’area industriale di ammalarsi (bambini compresi) è legata probabilmente non solo alla diossina e ai Pcb, ma anche ad altri inquinanti: “Sempre comunque di origine industriale“. Altre analisi hanno evidenziato i nessi tra leucemie e campi magnetici. La faccenda è molto discussa, ma a tutt’oggi, spiega Magnani, “il dato scientifico non è stato ancora confutato”.

Se il rapporto Airtum ha avuto scarsa pubblicità, gli scienziati non mancano di mettere insieme le indicazioni che arrivano da questi studi scientifici con le cifre delle neoplasie infantili in Italia. E non nascondono la loro preoccupazione. Tutti, dal decano Terracini a Franco Berrino dell’Istituto dei tumori di Milano, concordano sul fatto che occorre studiare le sostanze sospettate sia sul piano epidemiologico (ovvero andare a vedere come e quando si correlano agli aumenti di incidenza), sia su quello tossicologico e genetico, per capire in che modo possono indurre il male. All’indomani del rapporto Airtum, qualcuno si spinge anche più in là, e comincia a comporre il puzzle. Come Gemma Gatta, ricercatrice all’Istituto dei tumori di Milano: “L’aumento generale c’è di certo. E i fattori di rischio sono numerosi: radiazioni, farmaci antinfiammatori usati in passato in Europa, ormoni per l’interruzione della gravidanza. Poi, il consumo di tabacco e alcol da parte della madre in gravidanza, il traffico veicolare, le infezioni e la professione dei genitori“. In particolare, l’esperta sottolinea il rischio di chi vive parte della giornata a stretto contatto con sostanze cancerogene come benzene e pesticidi. Ma non è tutto. “Negli ultimi anni le madri allattano meno al seno, fumano di più, i giovani si alimentano peggio: bisognerebbe, anche in assenza di studi definitivi, modificare stili di vita insalubri“, chiosa la studiosa. Pure Luigia Miligi, dell’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica della Toscana, è cauta su cause e concause, e preferisce andare al sodo. “Ho mandato delle mail ai colleghi mettendo l’accento sulla gestione del rischio.

Ci sono cose che possono essere fatte subito, quasi a costo zero. Si potrebbe diminuire l’inquinamento indoor delle scuole evitando l’uso di detersivi con solventi aromatici, ed eliminando i materiali che rilasciano formaldeide“. Anche il controllo dei residui antiparassitari in agricoltura, dice la Miligi, dovrebbe essere sistematico: il principio di precauzione e il diritto alla salute deve essere prioritario rispetto a qualsiasi altro interesse. “Ma gli allarmi devono essere gestiti bene. Tre anni fa a Firenze ci fu un picco di leucemie in una scuola materna: le istituzioni si mossero all’unisono, in silenzio, per garantire la sicurezza dei piccoli. Analizzammo ogni rischio, misurammo persino l’eventuale presenza di radon, un gas radioattivo. Non trovammo nulla: a volte certi fenomeni sono del tutto casuali“.

articolo tratto da espresso.repubblica.it

sabato 3 gennaio 2009

LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHIAMO

LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHIAMO hanno detto per primi gli studenti, non vogliamo pagarla con la privatizzazione del sapere, la riduzione della ricerca, la subordinazione di scuola ed università alle esigenze del Mercato e del sistema produttivo;
LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHIAMO dicono le comunità resistenti, i comitati popolari, i presidi, il movimento dell’acqua e quello Rifiuti Zero, il movimento antinucleare, non vogliamo pagarla con l’aumento delle nocività, l’attacco alla salute, la privatizzazione dei servizi locali e l’aumento delle tariffe con le quali paghiamo di tasca nostra il finanziamento di impianti dannosi e costosi (rigassificatori, inceneritori,discariche, centrali a carbone);
LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHIAMO dicono i lavoratori, non vogliamo pagarla con licenziamenti, azzeramento delle tutele a cominciare dalla sicurezza che producono un numero inaccettabile di morti sul lavoro, con la riduzione delle condizioni di esistenza;
LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHIAMO dicono i precari, in quanto non vogliamo la precarietà come modalità di esistenza e delle relazioni sociali.

NON VOGLIAMO LA MILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER IL CONTROLLO DELLE RISERVE E DEI BENI COMUNI, DEI SITI DI IMPIANTI E DI INFRASTRUTTURE.
NON VOGLIAMO LA MILITARIZZAZIONE DEI PROBLEMI LA CRIMINALIZZAZIONE DELLE RESISTENZE.

VOGLIAMO PRENDERCI LO SPAZIO PUBBLICO PER ESERCITARE I NOSTRI “CONFLITTI PROGETTUALI”, CONFLITTI CHE CI HANNO PORTATO A PROPOSTE CONCRETE E CONCRETAMENTE REALIZZABILI SE SOLO PREVALESSE L’INTERESSE PUBBLICO E NON QUELLO DELLE CORPORAZIONI ECONOMICHE E FINANZIARIE: RIFIUTI ZERO E NO INCENERITORI E DISCARICHE, NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI LOCALI E DELL’ACQUA, SI’ ALLA RIAPPROPRIAZIONE SOCIALE DELL’ACQUA E DEI BENI COMUNI, LORO GESTIONE PARTECIPATA DEI CITTADINI, LORO CURA E CONSERVAZIONE PER LE GENERAZIONI FUTURE.

QUINDI VOGLIAMO UNA DEMOCRAZIA COMPIUTA E DIRETTA.


Collettivo Liberate gli Orsi, Pistoia
Assemblea ex Presidio Giulio Maccacaro per la chiusura dell’inceneritore di Montale


PISTOIA 10/11 GENNAIO 2009
DALLE COMUNITA’ RESISTENTI ALLA SOVRANITA’ TERRITORIALE DAL BASSO - PER LA MESSA IN COMUNE


La proposta che vi facciamo è quella di un confronto reale, aperto e ancorato alla concretezza – a partire dalle proposte alternative maturate nei territori - per cominciare a costruire il passaggio dalle resistenze alle ri-appropriazioni, dalle mille vertenze sui territori alla costruzione di forme di messa in comune dei beni fondamentali, degli spazi, delle città, alla costruzione di modalità di sovranità territoriali dal basso.


SI TRATTA DI CONFRONTARCI - ANCHE - NELLO SPECIFICO DELLE PRATICHE : FORME DI MOBILITAZIONI, DI INTERVENTO, DI INIZIATIVE E DI PROPOSTE ALTERNATIVE.

Incontro seminario
Info e contatti :
Fabrizio : faber.b@libero.it 0573/29720 ;
Francesco f.scire1@virgilio.it
Marco 3201537907 Roberto 3387334659

Le biomasse

Prima di tutto occorre inquadrare il tema. Cosa si definisce oggi per biomassa.
La risposta non è semplice. Ci sono in sostanza numerose fonti normative, in parte sovrapposte.

Il DPCM 8 marzo 2002, ora trasposto nel testo unico ambientale, il quale stabilisce all’allegato III come individuare le biomasse combustibili e le loro condizioni di utilizzo in impianti industriali e termici:

1.Tipologia e provenienza

a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;
b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;
c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzioni forestali e da potatura;
d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego;
e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego.

2. Condizioni di utilizzo

La conversione energetica delle biomasse di cui al punto 1 può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.

Con il testo unico la definizione è la medesima, salvo la specifica "non contaminati da inquinanti" che è stata aggiunta alla lettera d). Inoltre tra le biomasse sono ulteriormente annoverati la sansa di oliva disoleata ed il liquor nero.

Il D.M. 5 febbraio 1998 (allegato 2 – suballegato 1) che comprende le tipologie di rifiuti non pericolosi, provenienti da attività agronomiche o industriali correlate, previste come combustibili o come altro mezzo per produrre energia, in particolare:

Scarti vegetali (punto 3): provenienti da attività agricole, forestali e di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di estrazione di olio di vinaccioli; industria distillatoria; industria enologica e ortofrutticola; produzione di succhi di frutta e affini; industria olearia. Sono descritti come "Residui colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc.); residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da frutto, ecc.); residui da estrazione forestale, residui colturali diversi (stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo,, di tabacco, di girasole, di canapa, di cisto, ecc.); residui di lavorazione (pula, lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), sanse esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di frutta, buccette e altri residui vegetali."

Rifiuti della lavorazione del tabacco (punto 7): provenienti dalla trasformazione industriale del tabacco e dalla fabbricazione di prodotti da fumo.
Pollina (punto 14): proveniente da allevamenti avicoli.

Il D.Lgs. 11 maggio 2005, n.133, che ha recepito la Direttiva Europea 2000/76 sull'incenerimento dei rifiuti all’art.2 descrive le biomasse escluse dal campo di applicazione della direttiva stessa, ma rientranti in quella più generale dei rifiuti.

Articolo 3 - Esclusioni

1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto i seguenti impianti:

a) impianti che trattano esclusivamente una o più categorie dei seguenti rifiuti:

1) rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
2) rifiuti vegetali derivati dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;
3) rifiuti vegetali fibrosi derivanti dalla produzione della pasta di carta grezza e dalla relativa produzione di carta, se il processo di coincenerimento viene effettuato sul luogo di produzione e l'energia termica generata è recuperata;
4) rifiuti di legno ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti o quelli classificati pericolosi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), a seguito di un trattamento protettivo o di rivestimento; rientrano in particolare in tale eccezione i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;
5) rifiuti di sughero.

La medesima definizione di biomasse compare anche in un altro capitolo del testo unico, un capitolo tutto nuovo in quanto tratta del recepimento della Direttiva 2001/80/CE relativa ai grandi impianti di combustione, quelli con potenza calorifica superiore a 50 MW.

Per completare il quadro si deve inoltre fare riferimento al Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 Attuazione della direttiva 2001/77/Ce relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. Le biomasse sono fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 2.

Articolo 2

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

Da quanto detto emerge come nel novero di biomasse possano rientrare sia quelle che costituiscono la produzione primaria destinata a fungere da combustibile che le altre che invece rappresentano lo scarto di una lavorazione, di un processo, di una filiera fino alla parte biodegrabile dei rifiuti industriali e urbani. Il primo interrogativo al quale dare risposta è pertanto una precisa descrizione delle biomasse che si intendono utilizzare e la loro provenienza. L'iniziativa dovrà quindi essere adeguatamente inquadrata all'interno delle diverse norme vigenti relativamente al loro approvvigionamento e alla tipologia di impianto.

venerdì 2 gennaio 2009

I nuovi padroni dell'acqua



Da un articolo pubblicato su La REPUBBLICA il 14 novembre 2008 di Paolo Rumiz.

Legge di Tremonti prevede la privatizzazione della rete idrica, i sindaci in rivolta. La corsa ad accaparrarsi le reti idriche è già partita I Comuni: "Così un bene di tutti si trasforma in un business per pochi".

Cologno Monzese. Giù le mani dall´acqua del sindaco. Dal Piemonte alla Sicilia, nell´Italia bastonata dalla crisi è nata una nuova resistenza, contro la privatizzazione dei servizi idrici. Una resistenza che parte dal basso e contesta non solo il Governo, ma il Parlamento, che il 6 agosto, mentre il Paese era in vacanza, ha approvato una norma-bomba (unica in Europa) con il "sì" dell´opposizione. Non se n´è accorto quasi nessuno: quel pezzo di carta obbliga i Comuni a mettere le loro reti sul mercato entro il 2010, e ciò anche quando i servizi funzionano perfettamente e i conti tornano. Articolo 23 bis, legge 133, firmata Tremonti. La stessa che privatizza mezza Italia e ha provocato la rivolta della scuola. Leggere per credere.
Ora i sindaci hanno letto. Quelli di destra e quelli di sinistra. E subito hanno mangiato la foglia. «Ci avete già tolto l´Ici. Se ci togliete anche questo - dicono - che ci rimane?» La partita è chiara: non è solo una guerra per l´acqua, ma per la democrazia. Col 23 bis essi perdono contemporaneamente una fonte di entrate e la sorveglianza sul territorio. Il federalismo si svuota di senso. Il rapporto con gli elettori diventa una burla. Lo scenario è inquietante: bollette fuori controllo, e i cittadini con solo un distante "call center" cui segnalare soprusi o disservizi. Insomma, l´acqua come i telefonini: quando il credito si esaurisce, il collegamento cade.

La storia parte da lontano, nel 2002, con una legge che obbliga i carrozzoni delle municipalizzate a snellirsi, diventare S.p.a. e lavorare con rigore. L´Italia viene divisa in bacini idrici, i Comuni sono obbligati a consorziarsi e le bollette a includere tutti i costi, che non possono più scaricarsi sul resto delle tasse. Anche se i Comuni hanno mantenuto la maggioranza azionaria, nelle ex municipalizzate son potute entrare banche, industrie e società multinazionali. Ma quella che doveva essere una rivoluzione verso il meglio si è rivelata una delusione. Nessuno rifà gli acquedotti, le reti restano un colabrodo. Il privato funziona peggio del pubblico, parola di Mediobanca, che in un´indagine recente dimostra che le due aziende pubbliche milanesi, Cap ed Mm hanno le reti migliori d´Italia e tariffe tra le più basse d´Europa.
Col voto del 6 agosto si rompe l´ultima diga. L´acqua cessa di essere diritto collettivo e diventa bisogno individuale, merce che ciascuno deve pagarsi. Questo spalanca scenari tutti italiani: per esempio i contatori regalati ai privati (banca, industria o chicchessia che incassano le bollette), e le reti idriche che restano in mano pubblica, con i costi del rifacimento a carico dei contribuenti. Insomma, la polpa ai primi e l´osso ai secondi. Il peggio del peggio. È contro questo che si stanno muovendo i sindaci d´Italia; a partire da quelli della Lombardia, che la guerra l´hanno cominciata prima degli altri.
È successo che centoquarantaquattro Comuni attorno a Milano han fatto muro contro la giunta Formigoni, la quale già nel 2006 aveva anticipato il 23 bis con una legge che separava erogazione e gestione del servizio. Quasi sempre all´unanimità - destra, sinistra e Lega unite - i consigli comunali hanno chiesto un referendum per cancellare l´aberrazione; e proprio ieri, dopo una lotta infinita e incommensurabili malumori del Palazzo, davanti al muro di gomma della giunta che apponeva alla legge solo ritocchi di facciata, hanno dichiarato di non recedere in alcun modo dalla richiesta di una consultazione popolare lombarda.
«Si va allo scontro, non abbiamo scelta» spiega Giovanni Cocciro, iperattivo assessore del Comuni-capofila di Cologno Monzese, e delinea il futuro della rete in mano privata. «Metti che i contatori passino a una banca, e questa stacchi l´acqua a un condominio che non paga. Il sindaco, per questioni sanitarie, deve garantire il servizio minimo ma, non potendo più ordinare la riapertura del rubinetto, può solo intervenire con autobotti, con acqua che costa tremila volte di più? Per non parlare dei problemi di ordine pubblico che ricadono sul Comune se la gente perde la pazienza».
Nei bar di Cologno, per ripicca, hanno messo l´etichetta all´acqua di rubinetto e ti dicono che le analisi l´hanno dichiarata all´altezza delle più blasonate minerali. Al banco la gente chiede "acqua del sindaco" rivendicandola come diritto, non come merce. E un po´ dappertutto, attorno a Milano, crescono le "case dell´acqua", dove il bene più universale viene distribuito gratis, rinfrescato e con bollicine, in confortevoli spazi alberati dove la gente può sedersi e chiacchierare. Un "water pride" in salsa lombarda, che ora sta contagiando anche il Piemonte.
Premane in Valsassina, in provincia di Lecco, è un comune di montagna a maggioranza leghista già assediato da privati in cerca di nuove centraline idroelettriche, e sul tema dell´acqua ha i nervi scoperti. «Nel servizio idrico solo la gestione pubblica può garantire equità all´utente» sottolinea con forza Pietro Caverio, che ha firmato la protesta dei 144 Comuni.
Segnali di insofferenza arrivano da tutto il Paese; situazioni paradossali si moltiplicano. Sentite cos´è accaduto a Firenze. Il Comune ha accettato di fare una campagna per il risparmio idrico e un anno dopo, di fronte a una diminuzione dei consumi, ecco che la "Publiacqua" manda agli utenti una lettera dove spiega che, causa della diminuita erogazione, si vede costretta ad alzare le tariffe per far quadrare i conti. Ovvio: il privato lo premia lo spreco, non il risparmio. L´unica cosa certa sono i rincari: ad Aprilia in Lazio sono scattati aumenti del trecento per cento e un conseguente sciopero delle bollette che dura tuttora contro la società "Acqualatina". Stessa cosa a Leonforte, provincia di Enna, paese di pensionati in bolletta.
A Nola e Portici, nel retroterra napoletano, la società "Gori" ha quasi azzerato la pressione in alcuni condomini insolventi, senza avvertire il sindaco; e lavoratori della ditta hanno impedito ai partigiani dell´acqua pubblica di tenere la loro assemblea. A Frosinone gli aumenti sono stati tali che il Comitato di vigilanza è dovuto intervenire e alzare la voce per ottenere la documentazione nei tempi previsti. Più o meno lo stesso a La Spezia, che ha le bollette più care d´Italia. Per non parlare di Arezzo, dove la privatizzazione si sta rivelando un fallimento.
L´Acquedotto pugliese, dopo la privatizzazione, si è indebitato con banche estere finite nelle tempeste finanziarie globali. A Pescara, da quando è scattato il regime di S.p.a., s´è scoperto un grave inquinamento industriale della falda e la magistratura ha fatto chiudere l´impianto. A Ferrara il regime di privatizzazione è coinciso col trasferimento a Bologna del laboratorio di analisi, con conseguente allentamento dei controlli in una delle zone più a rischio d´Italia, causa la falda avvelenata del Po. Ma se già ora la situazione è così grave, ci si chiede, cosa accadrà col "23 bis"? Sessantaquattro ambiti idrici territoriali - sui 90 in cui è compartimentata l´Italia - tengono duro, rimangono pubblici, e organizzano laddove possibile la difesa contro i compratori dell´acqua italiana. Ma è battaglia tosta: l´acqua è il business del futuro. Consumi in aumento e disponibilità in calo, quindi prezzi destinati infallibilmente a salire.
Conseguenza: nelle rimanenti 26 S.p.a. miste le pressioni sulla politica sono enormi, tanto più che nei consigli di amministrazione il pubblico è rappresentato da malleabili politici in pensione, e il privato da vecchie volpi capaci di far prevalere il profitto sulla bontà del servizio.
Dai 26 ambiti che hanno accettato la privatizzazione sono cresciuti intanto quattro colossi: l´Acea di Roma che ha comprato l´acqua toscana; l´Amga di Genova che s´è alleata con la Smat di Torino e ha dato vita all´Iride; la Hera di Bologna che cresce in tutta la Padania; la A2A nata dalla fusione dell´Aem milanese e dell´Asm bresciana. In tutte, una forte presenza di multinazionali come Veolia e Suez, banche, imprenditori italiani d´assalto, e una gran voglia di crescere sul mercato. «Ormai il sistema idrico non segue più la geografia delle montagne ma quella dei pacchetti azionari» dice Emilio Molinari, leader nazionale dei comitati per il contratto mondiale per l´acqua. Il che porta sorprese a non finire. Del tipo: il Fondo pensioni delle Giubbe Rosse canadesi che entra nella Hera e quello delle vedove scozzesi che trova spazio all´interno dell´Iride. E colpi di scena politici: l´Acea guidata a suo tempo dal sindaco Veltroni mette le mani sull´acqua toscana, costruendo nel Centro Italia un potentissimo polo dell´acqua "rossa", ma poi ti arriva Alemanno a sparigliare i giochi, e l´acqua di una regione di sinistra oggi è in mano alla destra.
Anni fa a Firenze sarebbe successo il putiferio. Oggi tutto tace. Motivo? Lo spiega la Commissione Antitrust, che già nel 2007 ha individuato nei quattro attori forti i pilastri di una situazione di oligopolio. C´è un cartello, che ora è pronto a comprarsi tutto il mercato proprio grazie al "23 bis". Dietro alle Quattro Sorelle esiste lo stesso intreccio finanziario e lo stesso collegamento - rigorosamente bipartisan - con i partiti. I quali, difatti, il 6 agosto hanno votato in perfetta unanimità. Per questo i sindaci si sentono truffati. «L´acqua è il nuovo luogo dell´inciucio» ti dicono al bar di Cologno Monzese.

Quando i comitati per l´acqua pubblica, sparsi in tutt´Italia, hanno raccolto 400 mila firme e depositato in parlamento nel luglio 2007 una proposta di legge di iniziativa popolare, sia sotto il governo Prodi che sotto quello di Berlusconi non s´è trovato uno straccio di relatore, nemmeno d´opposizione, capace di esaminare e illustrare la volontà dei cittadini così massicciamente espressa. La melina del palazzo sul tema dell´acqua è trasparente, cristallina.
Con l´acqua che diventa un pacchetto azionario, c´è anche il rischio che un bene primario della nazione passi in mani altrui, nel gioco di scatole cinesi della finanza. In Inghilterra è accaduto: le bollette si pagano a una società australiana, che ha triplicato le tariffe. Vuoi protestare per un guasto? Rivolgiti a un operatore agli antipodi. Può capitare anche qui. Ormai niente isola più l´acqua dai fiumi avvelenati delle finanze che affondano l´economia mondiale, e in molti Paesi si sta correndo ai ripari. Persino in Francia, che pure è la sede delle multinazionali Suez e Veolia che comprano l´acqua italiana. «Torniamo all´acqua pubblica», proclama il sindaco di Parigi Delanoë, che impernia su questo la campagna elettorale per la riconferma. Anche lì si rivuole l´acqua del sindaco. E che dire della Svizzera e degli Stati Uniti, i Paesi della Nestlé e della Coca-Cola che imbottigliano fonti italiane. Non sono mica scemi: l´acqua è protetta come fattore strategico e tenuta ben fuori dal mercato.
Ormai si stanno muovendo tutti, anche la Chiesa. I vescovi di Brescia e Milano sono intervenuti proclamando il concetto del pubblico bene. La conferenza episcopale abruzzese ha messo per iscritto che l´accesso all´acqua «è un diritto fondamentale e inalienabile». In Campania è battaglia dura e la difesa dell´acqua si intreccia nel modo più perverso con gli interessi della camorra e l´affare della monnezza. Al Nord, in piena zona leghista, sindaci come Domenico Sella (Mezzane, nella pedemontana veronese) deliberano che l´acqua è cosa loro, ed è il perno del rapporto con i cittadini. «Se xe una perdita, la gente me ciama, e mi fasso subito riparar». Più chiaro di così.
Sul territorio sinistra e destra parlano ormai la stessa lingua. Nelle Marche il presidente della provincia di Ascoli Massimo Rossi (Rifondazione) spiega che «non si può imporre la privatizzazione». E sempre ad Ascoli Paolo Nigrotti, An, presidente della società di gestione (tutta pubblica), una delle migliori del Paese, osserva che «la privatizzazione non è stata gran che in Italia» e va applicata solo là dove serve. La qualità costa, ma la può garantire anche un pubblico responsabile.
Nel Friuli-Venezia Giulia, l´ex presidente della provincia di Gorizia Giorgio Brandolin - uno che ha resistito alle pressioni privatrizzatrici della Regione e ha messo insieme una S.p.a pubblica tutta goriziana che da due anni e mezzo gestisce la rete in modo impeccabile - ora si ritrova capofila dei movimenti anti "23 bis". In Puglia, 38 Comuni e due Province (Bari e Lecce) hanno formato un robusto pacchetto di mischia per la ripubblicizzazione e chiedono a Niki Vendola una legge regionale che definisca l´acqua «bene privo di rilevanza economica». Ragusa e Messina battono la stessa strada. A Parma è scesa in piazza pure la gioventù italiana della Destra di Storace. Succede che di fronte alla bolletta, la gente - toccata nel portafoglio - sta ripescando un concetto passato di moda, quello di bene comune. Nell´acqua il cattolico vede la vita e il battesimo; il nazionalista un bene non alienabile agli stranieri; il leghista l´autogoverno del territorio. Altri vi trovano il benessere, il dono ospitale, la pulizia e la sanità.
«Tutti sentono l´acqua come l´ultima trincea» ammette Rosario Lembo, segretario del Contratto per l´acqua. Tutti vi scoprono un simbolo potente, e quel simbolo è capace di rompere i giochi del Palazzo con nuove alleanze.

Giuseppe Altamore - autore di bei libri-inchiesta sul tema, come Acqua S.p.A. - osserva che «il vero dramma è la mancanza di un´authority capace di affrontare l´emergenza di un Paese dove un abitante su tre non ha accesso all´acqua potabile». Quattro ministri se ne occupano, ma intanto nessuno pone rimedio a perdite spaventose e nessuno mette in sicurezza le falde avvelenate. Per esempio l´arsenico oltre il limite a Grosseto e Velletri. E poi il fluoro, i cloriti, i trialometani? Servono formidabili investimenti, o la rete va al collasso».

Fonte: acquapubblicalazio
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Cercasi gente di buona volontà

All'attenzione dell'art 5 del D.Lgs 59/2005, l’Amministrazione provinciale di Latina ha convocato per il giorno 13 gennaio 2009 una conferenza dei servizi decisoria per la centrale a biomasse. Il fine è quello di valutare il progetto e di acquisire informazioni in modo tale da non provocare un ulteriore inquinamento dell'aria che respiriamo e del nostro ambiente.
I dubbi su cosa brucerà sono tanti, per questo ci rivolgiamo ad una maggiore sensibilità verso quelle fonti energetiche veramente rinnovabili al 100% e a emissioni Zero!

Bisogna scrivere delle osservazioni contro questo progetto voluto dall'ex sindaco Mochi e la sua giunta, arrivato come un pacco bomba (natalizio) alla giunta Tombolillo nel 2007.
Il Sindaco chiede il nostro aiuto perché si trova in una situazione d'indecisione, dove gli assessori non sanno dove mettere le mani e perché buona parte della giunta la vorrebbe realizzata. La centrale verrà costruita da un ingegnere che lavorava anni fa' nell'ufficio tecnico del comune e che ha come migliore amico il Vice Sindaco attuale. Conflitti di interessi e non trasparenza della situazione mi portano ad una incazzatura tale che vi chiedo di REAGIRE a questa situazione e di poter lottare perché io e penso buona parte della cittadinanza non vogliamo che la MONDEZZA venga Bruciata ma DIFFERENZIATA!!!

CI SAREBBE BISOGNO DI UNA TERAPIA PANICA AFFINCHE' LA CITTADINANZA POSSA RENDERSI CONTO DEL RISCHIO CHE CORRE!

giovedì 1 gennaio 2009

Signori...




Signori, abbiamo una grande occasione: il 2009 andremo contro un muro, ci sbatteremo una facciata pazzesca ma ci farà svegliare da questo coma e ci farà capire in che situazione siamo.Ci farà solo bene, questo shock.
Signori, la democrazia se n'è andata sotto i nostri occhi, i cittadini sono tagliati fuori, cinque persone hanno eletto questo social network di pregiudicati, ruffiani, amici degli amici, avvocati che fanno leggi per gli amici degli amici.
Signori questa sarà una grande battaglia, è una grande occasione per cambiare le cose e le cambieremo. Le cambieremo, perché partiremo dal basso con le liste civiche, rovesciamo la piramide. I cittadini entrano nei comuni, creano trasparenza con gli altri cittadini. Dai comuni alle Regioni, poi dalle regioni in Parlamento. Rovesciare la piramide, è questa la nostra battaglia. Però i cittadini devono avere un'informazione corretta, che potete trovare solo sulla Rete, perché i giornali sono ormai una questione del passato.

Meglio del discorso del presidente della repubblica Beppe Grillo ci sprona a combattere per la democrazia, perché l'Italia è un paese che ha esportato cultura, pizza e creatività, adesso invece esportiamo solo pregiudicati in Europa. Un'immagine di un paese ormai fatiscente. Bisogna far risorgere dalle ceneri la fenice della Democrazia. "Il 2009 farà nascere delle cose meravigliose: siamo in guerra, siamo in guerra! Per cortesia, ogni cittadino si deve mettere un elmetto, uscire e farsi la democrazia fai da te! Farsi la sua politica, e voi avete un potere enorme: quello del vostro piccolo portafoglio, come spendere e come non spendere".

Noi risorgeremo, cari amici, risorgeremo dal basso. Forti, forti con l'elmetto in testa. Lo faremo per noi e se non lo faremo per noi lo faremo per i nostri figli e i nostri nipoti.

Come possiamo combattere una guerra per riappropriarci dei nostri diritti, se anni e anni di "social-network", ci hanno indirizzato verso un individualismo estremizzato?
L'Italia non è più una comunità, non sente più un dovere sociale, ognuno guarda a sé e nel suo piccolo. Non viviamo la politica della quotidianità, di conseguenza non sentiamo i problemi della nostra comunità. Non riusciremo in una ribellione per difendere i nostri diritti, perché anche se il periodo è MALVAGIO l'Italiano sente di stare bene, se è Incazzato è solo per dei motivi personali e mai sociali.
Ci troviamo ancora nel girone dell'Individualismo, non vediamo oltre la linea di demarcazione.
Oltre l'individuale c'è il comunitario, oltre l'individuale c'è il sociale!
C'è bisogno di una Rivoluzione che parte dalla maggiore consapevolezza di ognuno di noi di esistere ognuno con i propri diritti.

Questo pensiero è stato sradicato dalla nostra coscienza, bisogna impiantarlo, aggiornarlo e migliorarlo. Combattiamo insieme, lavoriamo insieme per la nostra identità.