sabato 29 marzo 2014

tutto sull'imbroglio della COMBUSTIONE DELLE BIOMASSE

Centrale Biomasse di Crotone
riportiamo per intero il contributo del Prof. Federico Valerio, pubblicato a questo indirizzo

Problematiche ambientali e sanitarie derivanti dall'uso di biomasse quali fonti di energia


Introduzione
     Nella letteratura scientifica internazionale si osserva un crescente interesse all'inquinamento dell'aria indotto dall'uso energetico di biomasse. Se nel biennio 1994-96 risultavano pubblicati solo 9 articoli con queste parole chiave, nel biennio 2004-2006 le pubblicazioni risultavano essere 101 e dal 2007 ad oggi gli articoli pubblicati che trattano questi argomenti sono già 131.
     Questo fatto è sicuramente legato al crescente interesse nell'uso di biomasse a scopo energetico, tradizionale nei paesi in via di sviluppo, ma in rapida crescita anche in paesi sviluppati (Svezia, Canada, Australia..) prevalentemente a causa dei costi più bassi, rispetto ai combustibili fossili. Pertanto gli studi più recenti riguardano l'impatto ambientale e sanitario derivante dall'uso energetico di biomasse in paesi sviluppati, dove le biomasse sono utilizzate sia per il riscaldamento domestico che per la produzione di energia elettrica e calore in impianti dedicati.
     La maggior parte di questi studi riguardano la Svezia, a causa della sua grande produzione di legname e del diffuso uso a scopi energetici degli scarti di questa attività.
     Ad esempio, lo studio condotto da P. Molnar [1] ha evidenziato che le famiglie svedesi che utilizzavano legna per il loro riscaldamento domestico avevano una maggiore esposizione personale a zinco, rame, piombo e manganese. Questo autore concludeva la necessità di studi più approfonditi per valutare l'effetto del fumo da legna sullo stato di salute della popolazione generale.
     Altri studi condotti su popolazioni esposte alle emissioni da combustione di biomasse in paesi avanzati evidenziavano effetti sull'asma e sulla funzionalità respiratoria [2]
     Un altro studio condotto in Svezia a firma di P. Gustafson [3] segnala che le famiglie svedesi che utilizzano legna, rispetto ai controlli, hanno una maggiore esposizione a benzene e 1-3 butadiene. Si tratta di due potenti cancerogeni riconosciuti pericolosi per la salute umana che caratterizzano le emissioni derivanti dalla combustione di biomasse. In base ai valori di esposizione l'autore giudica basso il rischio di cancro degli esposti, ma indubbiamente si tratta di una esposizione non desiderabile e certamente evitabile se si utilizzano altri combustibili.
     Uno studio condotto in Canada [4] evidenzia nelle donne di Montreal esposte ai prodotti di combustione di carbone e legna utilizzati a scopo domestico un significativo aumento di tumore polmonare che suggerisce, ancora una volta la necessità di chiarire il ruolo delle emissioni da combustione di biomasse nell'induzione di questa malattia.
     Peraltro, nostri studi condotti in Italia, nell'ambito dell'attività di ricerca dell'Istituto Nazionale Ricerca sul cancro di Genova, hanno evidenziato come, in due paesi appenninici dove l'uso della legna da ardere nelle stufe è diffuso, le concentrazioni di benzo(a)pirene nelle abitazioni che utilizzavano legna era tendenzialmente maggiore di quelle trovate in case che usavano il metano o il GPL come combustibile. Analoghi risultati sono stati ottenuti in abitazioni russe riscaldate a legna [5]. E il benzo(a)pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici sono composti cancerogeni che notoriamente si producono durante le combustioni di biomasse.
     Misure condotte in trenta abitazioni austriache riscaldate al legna hanno riscontrato anche la presenza di diossine nei fumi emessi [6].
     Tutti questi studi, effettuati su impianti di riscaldamento a legna ad uso domestico, evidenziano un problema generale delle biomasse: la loro combustione produce, inevitabilmente, numerosi composti tossici e grandi quantità di polveri fini ed ultrafini.
     La combustione di legna e altre biomasse solide in impianti industriali ad alta efficienza termica e con adeguati trattamenti dei fumi riduce queste emissioni, ma non le annulla.

Impianti termoelettrici a biomasse
     Nel nostro Paese l'uso di biomasse per la produzione di elettricità è in forte espansione per gli ingenti incentivi dati a questa produzione, con il meccanismo dei certificati verdi.
     Motivo dell'incentivo, l'essere state incluse le biomasse tra le fonti energetiche rinnovabili ed una presunta riduzione delle emissioni di gas serra, se queste sono usate come combustibile.
     In linea di principio, l'uso energetico di biomasse ha un effetto neutro sulle emissioni di gas serra in quanto con la combustione si ri-immette in atmosfera anidride carbonica che durante la crescita le piante avevano assorbito dall'atmosfera e fissato sotto forma di cellulosa e altri composti organici ( lignina, amidi, zuccheri...) nei loro tessuti, ma il meccanismo dei certificati verdi, induce una pesante distorsione nel mercato con effetti contraddittori, rispetto all'obiettivo prefissato.
     I certificati verdi incentivano la produzione di elettricità dall'uso di biomasse, mentre non ci sono incentivi per i soli usi termici della legna (riscaldamento domestico ed industriale) e per il compostaggio delle biomasse ligno-cellulosiche, nonostante il fatto che queste due tecniche, in particolare il compostaggio, comportino una maggiore riduzione delle emissioni di gas serra, a parità di biomassa utilizzata.
     I dubbi che impianti termoelettrici alimentati a biomasse ottengano effettivamente il risultato di una riduzione delle emissioni di gas serra sono legittimi, specialmente quando, comne spesso avviene, nelle specifiche del progetto manchi un serio bilancio dei gas serra prodotti ed evitati.

I bilanci di gas serra
     A nostro avviso un progetto della centrale a biomasse, dovrebbe presentare una attenta analisi dei cicli di vita dell'impianto, con riferimento al bilancio dei gas serra, effettuato secondo consolidate procedure [7, 8]: emissioni di gas serra nelle fasi di coltivazione, raccolta e trasporto delle biomasse all'impianto; durante l'uso di combustibili fossili (metano?) previsti nelle fasi di avvio delle caldaie; nel pretrattamento e trasporto delle ceneri alla loro destinazione finale; nella costruzione e nello smaltimento dell'impianto e durante la bonifica dell'area, alla fine dell' esercizio dell'impianto.
     Nel bilancio dei gas serra correlato alla attività della centrale, dovrebbe essere anche conteggiato il carbonio presente nei residui delle attività agricole e non più interrato, secondo consolidate pratiche agronomiche (sovescio) atte a mantenere un adeguato e costante contenuto di humus (di carbonio) nel terreno agricolo. A favore della realizzazione dell'impianto, ovviamente, bisognerebbe conteggiare i gas serra risparmiati per evitato utilizzo di combustibili fossili per produrre elettricità, in base ai mix di fonti rinnovabili e non rinnovabili utilizzati in Italia per produrre energia elettrica.
     Occorre comunque sottolineare che l'assenza di forme di teleriscaldamento e di utilizzo del calore residuo alla produzione di elettricità, in alcuni progetti di impianti a biomasse fanno presumere, per questo particolare uso delle biomasse, rendimenti energetici (elettricità + calore) molto bassi.
     Il calcolo dell'energia utilizzata per la produzione, la raccolta e il trasporto delle biomasse all'impianto, dell'energia necessaria per trasportare le ceneri alla loro destinazione finale e per provvedere al loro eventuale smaltimento e per la dismissione finale, abbassa ulteriormente la stima dell'efficienza energetica di un impianto di produzione di elettricità alimentato a biomasse.

Impatto ambientale
     A fronte di un legittimo dubbio sul reale beneficio che l'entrata in esercizio di impiant a biomasse comporterebbero sulle sorti climatiche del Pianeta, gli studi sugli impatti ambientali indotti dalla combustione di biomasse in impianti industriali per la produzione di elettricità inducono grande cautela.
     A nostro avviso, non bisogna trascurare il fatto che le biomasse che saranno usate come combustibile, anche dopo depurazione dei fumi prodotti, provocheranno l'immissione nell'ambiente di quantità non trascurabili di numerosi macro e micro inquinanti (polveri sottili [9] ed ultra sottili, ossidi di azoto, idrocarburi policiclici aromatici [10], diossine..) con effetti potenzialmente pericolosi per la salute della popolazione esposta.
     E nel bilancio ambientale, occorre sommare anche le emissioni prodotte dal traffico pesante [11] indotto dall'entrata in funzione dell'impianto e parte integrante della attività dell'impianto stesso, ovvero tutti gli automezzi necessari per i conferimenti di biomasse e per il ritiro e lo smaltimento delle ceneri.
     Delle emissioni di polveri fini ed ultrafini [12, 13], di ossidi di azoto, di policiclici aromatici di diverse decine di mezzi pesanti al giorno, lungo tutto il percorso che giornalmente dovranno coprire, spesso non si trova traccia nei documenti autorizzativi.
     E spesso nulla si dice sul ruolo di queste emissioni prodotte dal traffico e di quelle della centrale, nella formazione di ozono e di polveri finied ultrafini di origine secondaria [13], ovvero inquinanti pericolosi che si formano in atmosfera, a distanza dalla fonte, per reazioni chimiche e fotochimiche degli inquinanti primari (ossidi di azoto, idrocarburi).
     In questo caso, riteniamo sia doveroso dare il giusto peso alla salute umana, rispetto alla salute dell'atmosfera del Pianeta e, secondo il nostro parere, non si può privilegiare (economicamente) un discutibile contenimento delle emissioni di gas serra, e un sicuro guadagno dell'impresa, se questa scelta aumenta i rischi sanitari della popolazione esposta.

Il bio-metano come fonte energetica da biomasse
     Ci sembra opportuno sottolineare il fatto che la combustione di un combustibile gassoso come il metano, a parità di energia elettrica e calore prodotto, produce molto meno inquinanti primari e secondari, rispetto alle biomasse solide; questo combustibile è esente da ceneri, non necessita di trasporto e quindi non induce inquinamento e possibili incidenti stradali, legati alla movimentazione di veicoli.
      E se il metano siberiano o libico è un combustibile fossile e come tale è opportuno ridurne l'uso, anche grazie ad una maggiore efficienza energetica di edifici ed industrie, il metano da fermentazione anaerobica di biomasse di scarto, comprese parte di quelle che si vogliono termovalorizzare nelle centrali a biomasse, potrebbe permettere un'efficace contenimento delle emissioni di gas serra, con un'impatto ambientale nettamente inferiore a quello indotto dall'uso come combustibile di gran parte delle biomasse solide che si vogliono bruciare nelle centrali termoelettriche.
     Molto interessante sarebbe la realizzazione di un impianto di fermentazione anaerobica, progettato secondo le migliori tecnologie disponibili, dimensionato al trattamento degli scarti agricoli e degli allevamenti di bestiame operanti in zona e se necessario anche al trattamento della frazione umida dei rifiuti urbani raccolti con sistemi Porta a Porta.
     Un impianto di questo tipo, finalizzato alla produzione di metano e alla conversione energetica di questo gas sia per gli autoconsumi dell'impianto, che per usi esterni (riscaldamento-raffreddamento, autotrazione, cogenerazione di elettricità e calore), potrebbe rendere energeticamente autosufficienti le aziende agricole che operano nell'area. Inoltre, un impianto per il trattamento aerobico dei fanghi prodotti dal digestore e di cippato di legno derivante da eventuali potature e dalla gestione dei vicini boschi, potrebbe chiudere il ciclo, con la produzione di compost di qualità, prodotto che troverebbe la sua naturale destinazione nelle stesse aziende agricole che alimentano il digestore. In questo caso, la costante segregazione nei terreni agricoli del carbonio organico sintetizzato dalle piante, nella forma di compost, darebbe un contributo alla riduzione dei gas serra nettamente maggiore di quello della semplice combustione delle stesse biomasse.

Compatibilità con l'attività agricola
     L'uso delle biomasse prodotte dalla filiera corta locale per alimentare un impianto integrato anaerobico-aerobico, con le caratteristiche descritte nel precedente paragrafo, sarebbe assolutamente funzionale alla produzione agricola di qualità, all'allevamento di bovini che spesso caratterizzano le aree circostanti gli impianti proposti.
     L'uso energetico del metano e del compost, nelle attività agro-alimentari, ridurrebbero i costi aziendali ma, fatto ancora più importante, tale scelta sarebbe assolutamente compatibile con auspicabili scelte di agricoltura biologica e di produzioni di prodotti DOC.
     La realizzazione di un sistema integrato, in grado di gestire con equilibrio, con un ridotto impatto ambientale, le risorse naturali del territorio potrebbe essere un efficace volano, anche promozionale, al nuovo modello di sviluppo agricolo che si sta realizzando in molte aree italiane.
     Tutti questi vantaggi, verrebbero meno con l'entrata in funzione di una centrale termoelettrica a biomasse, la cui progettazione e il cui dimensionamento è assolutamente avulso dalla realtà e dalla vocazione agro-alimentare del territorio che dovrebbe ospitarla.
     Nella progettazione spesso si ignora il fatto che gli inquinanti, immessi direttamente e indirettamente nell'ambiente dall'attività della centrale (in particolare ossidi di azoto e ozono) possono, in modo rilevante, ridurre la produzione agricola [14-16] e l'accumulo nell'ecosistema di composti persistenti (metalli, policiclici, diossine) [17] [18], prodotti dalla combustione, potrebbe essere incompatibile con gli obiettivi di una produzione agricola ed alimentare di alta qualità.
     Anche i consumi di acqua per il raffreddamento dell'impianto termoelettrico si metterebbero in concorrenza con l'uso agricolo di questa risorsa.

L'impatto ambientale delle centrali a biomasse
Per l'approvazione di una centrale a biomasse ci sembra insufficiente, come di solito si vede scritto nei documenti di presentazione, un semplice riferimento all'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili; questo è un requisito obbligatorio per legge, per ottenere l'autorizzazione, ma che da solo non garantisce la salute dei cittadini esposti agli inquinanti, comunque prodotti ed immessi nell'ambiente.
     Un più corretto termine di riferimento per giustificare questa scelta, dovrebbe essere il confronto della qualità dell'aria, del suolo e delle acque, prima dell'entrata in funzione dell'impianto a biomasse, con stime della qualità delle stesse matrici ambientali, una volta che l'impianto proposto fosse realizzato.
     Questo confronto si deve fare con riferimento ai bilanci di massa (quantità di inquinanti immessi nell'ambiente su base annua), alle concentrazione nei recettori finali, ma anche al progressivo accumulo di inquinanti persistenti nel suolo e nei sedimenti.
     A riguardo, fondamentale è la stima del possibile progressivo bioaccumulo lungo la catena alimentare dei metalli tossici e dei composti organici persistenti presenti nelle emissioni, nel corso della vita operativa dell'impianto.
     Per approvare il nuovo impianto, con riferimento ai suoi possibili effetti sulla salute e sulla qualità dell'ambiente, sarebbe stato opportuno imporre questa condizione: con l'entrata in funzione dell'impianto a biomasse, la qualità dell'aria e delle diverse matrici ambientali interessate alle sue emissioni deve migliorare o per lo meno restare uguale a quella pre-esistente.
     Questi prerequisiti fanno esplicito riferimento alla Direttiva 96/62/CE sulla gestione e qualità dell'aria ambiente dei paesi dell'Unione che, all'Articolo 1 individua tra i suoi obiettivi quello di "mantenere la qualità dell'aria ambiente, laddove è buona, e migliorarla negli altri casi".
     Nel caso in esame, il miglioramento della qualità dell'aria nelle zone di potenziale impatto della centrale potrebbe essere possibile se, ad esempio, nel sito interessato le biomasse sostituissero un combustibile più inquinante, ad esempio olio pesante utilizzato in un impianto termoelettrico già esistente, oppure se l'impianto a biomasse sostituisse un impianto già esistente, meno efficiente dal punto di vista energetico.
      Un miglioramento sarebbe possibile qualora il recupero del calore prodotto dalla combustione delle biomasse possa permettere di spegnere numerose calderine per uso domestico, meglio se anch'esse a biomasse, o altri processi di combustione per uso industriale operanti in zona, con fattore di emissione superiori a quelle ottenibili con la combustione di biomasse.
     Il fatto che il nuovo impianto a biomasse non dovrebbe peggiorare la situazione ambientale esistente prima della sua realizzazione è una considerazione che, come già detto, oltre che essere in sintonia con le scelte della Unione Europea in tema di politiche di tutela dell'ambiente e della salute, è motivata dal fatto che, come già accennato, ai fini del risparmio energetico e della riduzione delle emissioni di gas serra non esiste solo la combustione di biomasse per la produzione di elettricità e di energia termica.
     Senza Certificati Verdi nessuno imprenditore privato farebbe questa scelta. La verità è che le biomasse sono un combustibile povero, economicamente ed energeticamente conveniente, senza sovvenzioni, solo nelle circostanze che si verificano in paesi come la Svezia, dove l'industria del legno produce grandi quantità di scarti e la morfologia del territorio permette il facile taglio e trasporto di questi materiali.
     Inoltre solo le condizioni climatiche di paesi come la Svezia rendono particolarmente economica la cogenerazione da biomasse, in quanto la contemporanea produzione di calore e di elettricità avviene per periodi ampiamente più lunghi di quelli necessari per i climi quali quelli del centro Italia.
     Come già affermato, l'uso di biomasse a scopo energetico presenta problemi di impatto ambientale tutt'altro che trascurabili.
     Oltre che alle emissioni di inquinanti convenzionali, quali ossido di carbonio, polveri totali sospese e ossidi di azoto [19] occorre porre attenzione, come già accennato, ad inquinanti meno convenzionali che si producono con la combustione di biomasse, polveri sottili, [19], formaldeide [20], benzene [21], idrocarburi policiclici aromatici [5], diossine [6, 22].
     E, nonostante le segnalazioni che ci vengono dalla letteratura scientifica spesso non si trova traccia, nelle autorizzazioni di centrali a biomasse, di limiti a specifici e pericolosi inquinanti certamente emessi dalla combustione delle biomasse quali benzene, formaldeide e butadiene.

Economie di scala e impatti ambientali
     Dal punto di vista dell'impatto ambientale, la scelta di privilegiare la combustione di biomasse per la produzione di elettricità pone un altro problema: l'economia di scala.
     Una centrale a biomasse, per poter produrre elettricità a costi confrontabili con quelli in uso in Europa, deve avere una potenza pari a 20 megawatt elettrici [23]. Ma a potenze installate maggiori corrispondono bilanci di massa proporzionalmente più elevati.
     Segnaliamo, che nei documenti relativi alla disponibilità di biomasse da filiere più o meno corrte, raramente si trova traccia degli effetti di questo continuo prelievo di biomasse, negli equilibri in micro e macro nutrienti dei terreni agricoli e forestali coinvolti.
     Valutazioni di tipo agronomico sottolineano la delicatezza di questo punto, sia per quanto riguarda la necessità che micronutrienti ritornino ai campi e ai boschi dai quali sono stati sottratti insieme alle biomasse, ma anche ai problemi che si potrebbero avere nel tempo se questa restituzione avvenisse con parte delle ceneri.
     Nei progetti spesso si afferma che le ceneri saranno inviate a cementifici, ma questa proposta quasi sempre è fatta senza alcun tipo di analisi a supporto di questa scelta, in particolare di quali sarebbero i cementifici disposti ad accettare tutte queste ceneri, in considerazione della grande offerta di questi scarti da centrali a carbone e inceneritori.

Le ceneri
     La gestione delle ceneri da biomasse non è un fatto banale. Questo argomento risulta trattato da diversi autori con riferimento al recupero, utilizzo e smaltimento delle ceneri che gli impianti a biomassa inevitabilmente produrranno [5, 19, 24], pari allo 0,5 -0,7 % in peso, rispetto alla quantità di materiale trattato, se viene bruciato legname essiccato, ma con percentuali più elevate, se sono usate biomasse come la paglia che lascia un residuo pari al 15,5% del peso della paglia bruciata, un valore nettamente superiore alle ceneri prodotte dal carbone (7%).
     Altro problema critico è il livello di tossicità delle ceneri ed in particolare delle ceneri volanti raccolte dagli impianti di depurazione dei fumi. Anche questo specifico argomento non ci sembra adeguatamente approfondito nelle relazioni fornite. Ricordiamo che il contenuto di cadmio, cromo, rame, piombo e mercurio delle ceneri volanti derivanti dalla combustione di legname (quercia, faggio, abete) è superiore a quella riscontrabile nelle ceneri volanti prodotte dalla combustione di carbone [24].
     Questo risultato segnala la necessità di non sottovalutare la possibilità che questi metalli tossici siano presenti nelle polveri leggere raccolte dai sistemi di filtrazione dell'aria. Questa evenienza, se verificata (e certamente da non escludere a priori) deve far scattare adeguate contromisure a tutela della salute dei lavoratori che dovranno provvedere allo smaltimento di queste polveri. E la possibile presenza di cadmio e mercurio nelle biomasse termovalorizzate, comporta anche la necessità di prevedere la loro presenza nelle emissioni gassose prodotte dalla loro combustione.
     Se la presenza di cadmio e mercurio nei fumi di una centrale a biomasse richiederà una verifica sperimentale, è certa la presenza negli stessi fumi di idrocarburi policiclici aromatici, diossine e furani.
     E a riguardo spesso, sia la società proponente che gli Enti pubblici di controllo, ignorano specifiche e subdole caratteristiche eco-tossiche di queste classi di composti: persistenza, bioaccumulo lungo la catena alimentare, effetti genotossici e, con riferimento a policiclici aromatici, diossine e furani, effetti di interferenza sul sistema endocrino.
     Queste caratteristiche, in sintesi, comportano il fatto che la pericolosità di questi composti non è dovuta alla loro concentrazione nell'aria inalata, ma alla concentrazione, destinata ad aumentare nel tempo, nelle diverse matrici ambientali presenti nella zona di deposizione e lungo la catena alimentare, fino al consumatore finale che, nel caso della specie umana, è la sua prole, nella fase di allattamento al seno.
     Il caso frequente della presenza di un' intensa attività agricola nel comprensorio potenzialmente interessato alle ricadute dei fumi della centrale, sottolinea la necessità di non sottovalutare questo problema.
     Purtroppo, le normative europee e nazionali non hanno ancora recepito le conoscenze della comunità scientifica internazionale che suggeriscono l'opportunità che le emissioni di composti organici persistenti e bioaccumulabili e metalli con analoghe caratteristiche tossicologiche, siano normati in base alla quantità complessiva di questi composti (da qualunque fonte emessa) che, annualmente, si deposita al suolo [25]. In questo caso, il valore fissato alle immissioni giornaliere dovrebbero essere tali da garantire che l'utilizzatore finale degli alimenti prodotti a partire da quel terreno contaminato, assuma una quantità di diossine inferiore alla dose che, oggi, le organizzazioni internazionali per la tutela della salute pubblica (OMS) giudicano tollerabile.
     Analoga considerazione si può fare per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti riconosciuti come cancerogeni e distruttori del sistema endocrino.
     Diversi IPA tra quelli normati sono cancerogeni certi per l'uomo e la loro formazione è una caratteristica della combustione di ogni biomassa, a partire dalla combustione delle foglie di tabacco.
     Anche questa emissione sarebbe nettamente inferiore se, a parità di energia elettrica e termica prodotta, la centrale termoelettrica, al posto delle biomasse, utilizzasse come combustibile il bio-metano, nelle cui emissioni, a parità di energia prodotta, i policiclici aromatici cancerogeni sono presenti a concentrazioni nettamente inferiori.

Conclusioni
     Ci sembra utile concludere queste nostre osservazioni, citando a nostra volta le conclusioni di un recente studio svedese che ha messo a confronto diversi combustibili per impianti di teleriscaldamento (con produzione combinata di calore e elettricità), in base ad una analisi del ciclo di vita [26] che ha considerato sia gli aspetti energetici che quelli ambientali. Sono stati messi a confronto l'incenerimento di rifiuti, lacombustione di biomassa e la combustione di metano. Le conclusioni sono che l'incenerimento dei rifiuti non è la migliore scelta e spesso è la peggiore se l'incenerimento (con teleriscaldamento) sostituisce il riciclaggio. Un impianto di cogenerazione a metano è una alternativa interessante e da preferire se l'elettricità prodotta è in sostituzione di elettricità prodotta da combustibili fossili, come avviene in Italia. Se il paese in esame fa un prevalente uso di fonti energetiche non fossili (nucleare, idroelettrico, solare, eolico) come la Svezia, l'uso energetico delle biomasse è da preferirsi al metano.
     Nostra conclusione pertanto è che l'inquinamento ambientale indotto dai tanti impianti a biomasse che si propongono in Italia, pur nel pieno rispetto delle norme vigenti, peggiora l'attuale qualità dell'aria dei territori che dovrebbero ospitarle, con le emissioni da camino e con quelle del traffico veicolare indotto (ossidi di azoto, polveri fini (PM10) ed ultra fini (PM2,5) e peggiora anche la qualità del suolo, e dei prodotti agricoli di questi stessi suoli, con le ricadute di composti organici persistenti (diossine, furani, idrocarburi policiclici) e probabilmente di metalli pesanti.
     I rischi sanitari indotti da questa contaminazione, per quanto piccoli possano essere stimati, non sono giustificati dai benefici collettivi indotti dalla realizzazione dell'impianto, il cui principale scopo è quello di massimizzare gli utili dei proponenti, in base agli attuali incentivi alla produzione di elettricità da biomasse.
     A nostro avviso è giustificata l'opposizione alla realizzazione di questi impianti sia da parte delle comunità interessate, sia, spesso dei loro rappresentanti, in quanto le centrali a biomasse proposte non sono assolutamente una scelta obbligata, né tantomeno una scelta strategica allo sviluppo del Paese. Molti dei problemi ambientali e sanitari indotti dal loro esercizio potrebbero essere evitati o fortemente ridotti, se al posto della combustione delle biomasse venisse realizzato un diverso impianto per la produzione di energia da biomasse (ad esempio trattamento anaerobico delle biomasse con produzione di biogas e compost), con una capacità di trattamento idonea alla produzione locale degli scarti agricoli e di allevamento e degli scarti biodegradabili dei rifiuti urbani, raccolti con una opportuna separazione alla fonte.

Dr. Federico Valerio
S.S. Chimica Ambientale
Istituto Nazionale Ricerca Cancro, Genova


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venerdì 28 marzo 2014

Cronistoria di una Biomassa: la Carlo Gavazzi Green Power


Tutto ebbe inizio con la presentazione del progetto da parte della società Carlo Gavazzi Green Power nel settembre 2003. Il progetto per l'impianto di incenerimento, centrale a biomasse da 20 MW nella zona industriale di Mazzocchio nel comune di Pontinia, è uno dei tanti presentati in quel periodo in varie parti d'Italia, la società milanese era considerata leader nazionale nella produzione di elettricità da biomassa. L'impianto è stato progettato per ottenere elettricità, bruciando 270 mila tonnellate annue. Il progetto otteneva alcuni pareri favorevoli di massima dal comune di Pontinia (Sindaco Mochi giunta di destra), dall'Asl e dall'Agenzia delle Dogane. L'investimento era stimato per 75 milioni di € come riporta il documento pubblicato qui nel post, e prevedeva l'assunzione di 34 persone. Il parere favorevole ai fini antincendio è stato rilasciato dal comando dei Vigili del Fuoco il 31.8.2006 (non sappiamo a quale ragione sociale) quando vigeva la precedente normativa superata dall'attuale DPR 151/2011.


Fino a qualche anno fa la società milanese “Carlo Gavazzi” era considerata leader nazionale nella produzione di elettricità da biomassa. Oggi ha ceduto il controllo delle centrali agli americani del PSEG (Public Service Enterprise Group Incorporated), un gruppo attivo a livello mondiale prevalentemente nel settore della produzione di energia elettrica che controlla in Italia l’85% del capitale azionario della società Prisma 2000 S.p.A. – in cui la Carlo Gavazzi Green Power S.p.A. possiede una quota del 15% – con una quota nella società Biomasse Italia S.p.A. [cfr Provvedimento n.15248 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 8 marzo 2006]

La Carlo Gavazzi Green Power con sede a Milano in Via De Castro Giovanni 4. costituisce la Holding Pontinia Rinnovabili Srl che la rappresenta legalmente per intero.

La Pontinia Rinnovabili Srl, è una società a socio unico e rientra anche nella società Gema 96 Spa.

Il direttore tecnico della Carlo Gavazzi Green Power e quindi anche della Pontinia Rinnovabili Srl è l'Ingegner Giancarlo Cicerone, il quale essendo anche membro attivo nella società ISR Ecoindustria Srl, è il diretto responsabile legale dell'impianto. La ISR Ecoindustria Srl avente sede legale operativa a Latina in Via Maira, 3 ha provveduto ad erogare per conto della società Gavazzi: il progetto, l'indicazione del sito, il supporto per l'ottenimento delle autorizzazioni, progetto dell'infrastrutture di connessione, la pianificazione dei lavori, i componenti tecnici, attrezzature, personale, preparazione del terreno per il cantiere, costruzione, assemblaggio e test e il processo di gestione del progetto quello che in inglese viene definito con la parola: commissioning.


venerdì 7 marzo 2014

Arrivati nuovi documenti del progetto

Pontinia centrale a biomasse da 20 MW nuovi documenti di progetto: integrazione AIA e domanda autorizzazione unica ambientale




mercoledì 5 marzo 2014

Osservazioni Progetto Rtn Centrale Biomasse M5S Pontinia

Interrogazione alla Camera di Cristian Iannuzzi del M5S


Interrogazione a risposta scritta 4-02211
presentato da IANNUZZI Cristian
testo di Giovedì 17 ottobre 2013, seduta n. 99 
CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, SPESSOTTO, D'UVA, DE LORENZIS, VIGNAROLI, LOREFICE, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE ROSA, NICOLA BIANCHI e PARENTELA

— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: la ditta Pontinia Rinnovabili srl, in data 27 aprile 2007, ha presentato domanda di autorizzazione integrata ambientale, acquisita agli atti della provincia di Latina con prot. n. 27553 del 3 maggio 2007, ai sensi del decreto legislativo n. 59 del 2005 per la realizzazione di una centrale elettrica alimentata a biomasse della potenza di 20 megawatt elettrici, da realizzarsi a Mazzocchio, località del comune di Pontinia in provincia di Latina; durante il procedimento per ottenere l'autorizzazione integrata ambientale, il comune di Pontinia ha più volte espresso il suo parere contrario al progetto, affermando la necessità di «ridurre ad un limite accettabile il rischio per la salute, un tale tipo impianto a combustione diretta a biomassa non può avere una potenzialità superiore a 1 megawatt per il grave nocumento alla salute pubblica che la realizzazione di una centrale di questa grandezza e tipologia comporta», come riporta il verbale della Conferenza servizi del 13 dicembre del 2012 tenutasi presso la regione Lazio; dato il diniego del comune di Pontinia, la provincia di Latina appellandosi all'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990 ha chiuso i lavori rimandando la decisione alla Conferenza permanente tra Stato e Regioni. A seguito dell'intervenuta modifica del comma 3 dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, la relativa competenza è stata trasferita e quindi trasmessa dalla regione Lazio, con una nota pervenuta il 29 maggio 2012, al coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, chiedendo la rimessione al Consiglio dei ministri della decisione per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. La Presidenza del Consiglio con deliberazione del 5 luglio 2013 approva l'autorizzazione integrata ambientale per la centrale elettrica alimentata a biomasse della potenza di 20 megawatt elettrici; il dipartimento di prevenzione U.o.c. igiene e sanità di Latina fa presente che «le emissioni generate, dirette e indirette, anche all'interno dei limiti di legge, da tali tipologie d'impianto comporteranno una modificazione della qualità dell'aria e dell'esposizione della popolazione della zona», come riportato nel parere trasmesso al dipartimento istituzionale territorio della regione Lazio, protocollo n. 525328/02/10 del 3 dicembre 2012; la società Pontinia Rinnovabili srl non risulterebbe aver effettuato studi sull'impatto ambientale che la centrale comporterà sulle due aree Sic e Zps presenti nelle vicinanze della centrale, i laghi dei Gricilli e Fontana di Muro, non avrebbe compiuto analisi sulla qualità dell'aria e non risulta all'interrogante sia stato emesso il parere di compatibilità territoriale previsto per le zone interessate da rischio di incidente rilevante; nella nota del 1o febbraio 2013 della direzione regionale ambiente con prot. n. 043305 si scrive: «l'assetto impiantistico prevede sia emissioni diffuse, prodotte dall'erosione eolica del materiale stoccato, transito camion e operazioni di carico e scarico del materiale combustibile, sia emissioni convogliate dalle lavorazioni effettuate in capannoni e quelle prodotte dalle caldaie»; l'area dove sorgerà la centrale è indisponibile in quanto la facoltà di utilizzazione del sito industriale dell'agglomerato di Mazzocchio per la società Pontinia Rinnovabili srl, di cui alla delibera n. 82/07 del consiglio di amministrazione del Consorzio per lo sviluppo industriale Roma Latina, è decaduta il 31 dicembre 2008; non sono stati stipulati accordi di filiera per la produzione di biomasse nell'area di 70 chilometri dall'ubicazione dell'impianto ed inoltre, nelle note tecniche di costruzione della centrale, depositate presso il registro elenco progetti della regione Lazio con il numero 221/2007, si prevede che il 70-75 per cento del combustibile sarà formato da cippato disposto per essere bruciato, la cui provenienza risulta all'interrogante ignota, noti essendoci, nell'area, alcuna industria del legno che potrebbe fornire il cippato già pronto; le centrali a biomasse con una potenza così alta non riescono ad alimentarsi grazie alla sola disponibilità dei combustibili nel territorio e la prassi italiana negli anni ha voluto che si importasse il combustibile dalle altre regioni se non addirittura dall'estero a basso costo; l'avvio della centrale a biomassa di Mazzocchio determinerebbe una insostenibile e sproporzionata concentrazione di centrali elettriche nella regione considerando inoltre che ad Aprilia, nella medesima provincia, è attiva una centrale turbogas –: se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; se risulti quali siano le ragioni per le quali sia stata concessa l'AIA nonostante rilevate le ambiguità e carenze progettuali; se nel concedere l'AIA sia stato valutato che la centrale elettrica da bruciatore di biomasse si possa trasformare in un inceneritore di rifiuti considerando che l'impianto ha un fabbisogno annuo di 275.000 tonnellate di combustibile, che l'energia è prodotta dalla combustione diretta delle biomasse, che c’è la perenne emergenza rifiuti riguardante sia il Lazio che la Campania e che è stabile la presenza della malavita organizzata in tutto il basso Lazio nel ciclo dei rifiuti; se disponga di elementi in merito agli effetti sulla salute dei cittadini con riferimento a questo ulteriore impianto fortemente impattante sull'ambiente che si aggiunge peraltro alla vicina centrale elettrica a turbogas di Aprilia. (4-02211).

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Allacciamento alla RTN centrale Biomasse Pontinia


Tavolo di Lavoro M5S: Centrale a Biomasse di Pontinia

MOVIMENTO 5 STELLE LATINA - GRILLI IN MOVIMENTO PER PONTINIA. 
TAVOLO DI LAVORO ENERGIA E RIFIUTI 

OGGETTO : CENTRALE A BIOMASSE DI PONTINIA LOC.MAZZOCCHIO 

INDICE: 

1) DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO; 
2) DESCRIZIONE DELLA LOCALITA’; 
3) PERCHE’ NO; 
4)  RESOCONTO STORICO 
5) DITTA COSTRUTTRICE; 

1) DESCRIZIONE DELL’ IMPIANTO; 
 Una centrale a Biomasse è costituita essenzialmente da un impianto che brucia combustibile per generare energia. Il combustibile è chiamato Biomassa. Il termine descrive diversi tipi di materiali principalmente di natura organica. La Biomassa è costituita principalmente da materiali che vengono definiti “rinnovabili” e per questo si dice che l’energia prodotta e derivata da fonti rinnovabili. Perché le Biomasse vengono definite rinnovabili? Le fonti rinnovabili sono costituite da materiali che possono essere prodotti e rinnovati velocemente contestualmente ai tempi di utilizzo. La Biomassa è costituita da materiale organico naturale, principalmente vegetale come: 
 • Legname da ardere; 
• Residui agricoli e forestali; 
• Scarti dell’industria agroalimentare; 
• Reflui degli allevamenti; • Rifiuti urbani; 
• Specie vegetali coltivate per lo scopo e quindi da culture facilmente rinnovabili. 

I combustibili fossili, come il petrolio, il carbone il gas, impiegano decine di milioni di anni a formarsi a “rinnovarsi” e noi l’abbiamo consumato in pochi decenni e quindi non possono essere considerati rinnovabili da un punto di vista sia pratico che ambientale. Anche le stesse biomasse vegetali, sono da considerarsi fonti rinnovabili se il consumo è legato ad piano di produzione compatibile all’ambiente e allo sfruttamento del territorio e questo porta a delle eccezioni sul loro stesso utilizzo. La centrale a biomasse che la Pontinia rinnovabili S.r.l. intende costruire a Pontinia, nella zona industriale di Mazzocchio, consumerebbe, secondo le stime della stessa società proponente, 275.000 tonnellate l'anno di legno vergine per una produzione di 20 Megawatt di energia elettrica. La centrale sarà composta da un bruciatore che scalderà l’acqua prelevata da pozzi e la trasformerà in vapore ad alta pressione. Il vapore farà ruotare una turbina collegata ad un alternatore per la produzione di energia elettrica. La distribuzione dell’energia avverrà attraverso una cabina di trasformazione e un elettrodotto da allacciare alla rete. L’approvvigionamento dei materiali avverrà attraverso l’uso di camion sulla rete stradale e navi per il legname dall’estero (Amazzonia). Il materiale dovrà essere necessariamente stoccato in magazzini. 

 Figura 1 – schema di una centrale a biomasse


2) DESCRIZIONE DELLA LOCALITA’ 
 Mazzocchio è una località del comune di Pontinia situata ai piedi dei monti Lepini in uno dei punti di maggior depressione dell’agro Pontino a qualche metro sotto il livello del mare. Mazzocchio confina con i comuni di Priverno, Sonnino, Terracina. Si trova in prossimità di una delle zone verdi più belle dei Lepini, il bosco di San Martino ed è vicino all’abbazia di Fossanova. Famosi sono poi i laghetti solfurei dei Gricilli che evidenziano la notevole predisposizione idrogeologica del territorio al fenomeno dei Sink Hole. I terreni circostanti sono fortemente agricoli e rinomata è la qualità dell’olio prodotto sulle colline di Sonnino. Sono presenti poi numerosi allevamenti di bovini e suini. Sulle colline è poi ancora praticata l’attività di pastorizia con allevamenti di capre e pecore. Forte è anche la presenza di bufali per la produzione della mozzarella che sta dando nuovo slancio economico a tante piccole aziende convertitesi in piccoli caseifici.

 Figura 2 – vista della località Mazzocchio e zone limitrofe.




Negli anni 70-80 il comune di Pontinia ha deciso di creare a Mazzocchio la propria zona industriale ma non vi è stata quella industrializzazione che ci si aspettava e quindi l’economia principale dell’area è quella agricola. Economia già fortemente danneggiata da una serie di problematiche territoriali e nazionali.

3) PERCHE’ NO?? 
Quali sono le osservazioni, alla costruzione di questo tipo di centrali? Sono le stesse che negli anni hanno permesso ai cittadini di Pontinia di vincere le diverse battaglie legali che ne hanno bloccato la realizzazione. Di seguito alcune delle motivazioni per il no:

A)USO DI MATERIALI DIVERSI DALLE BIOMASSE 
Con il Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, inserisce nell’elenco delle centrali anche le centrali ibride, vale a dire quegli impianti che “che producono energia elettrica utilizzando sia fonti non rinnovabili, sia fonti rinnovabili, compresi anche gli impianti di co-combustione, vale a dire gli impianti che producono energia elettrica mediante combustione di fonti non rinnovabili e di fonti rinnovabili”. In sostanza questo decreto permette alla società produttrice di alimentare la centrale con Combustibile Da Rifiuti (CDR) e quindi rifiuti non differenziati, non controllati, di provenienze anche ignote, senza contare che l’economia della grande malavita organizzata è passata dalla droga, ai rifiuti ed in particolare quelli speciali. Come è già avvenuto in passato e soprattutto a causa delle falle per quanto riguarda controlli e certificazioni, quello che più preoccupa è l’utilizzo come combustibile di CDR (Combustibile Da Rifiuti) che produce elevate quantità di diossina e polveri sottili. Da questo punto di vista si ricorda il caso della centrale a biomasse di Cutro (Kr) autorizzata dal Commissario per l'emergenza rifiuti in Calabria alla co-combustione del CDR. Un altro esempio è la grande centrale a biomasse di Acerra (NA) da 74 MW che brucia olio di palma.

L'impianto a biomassa della Fri-el di Acerra si trova proprio dietro al grande termovalorrizzatore inaugurato per mettere fine all'emergenza rifiuti di Napoli. Si tratta di una centrale che brucia olio di palma per ricavarne energia verde, ma secondo le analisi commissionate nel 2011 dalla polizia municipale di Acerra e quelle del 2012 effettuate sugli oli combustibili, ci sarebbero in essi tracce di PCB – Policlorobifenili, inquinanti di prima classe, sostanze tossiche e cancerogene. Questi inquinanti bruciano assieme all'olio di palma, ma paradossalmente l'impianto riceve contributi dallo stato attraverso i Certificati Verdi per la produzione di energia green. In pratica oltre all’olio di palma vengono combusti anche oli di derivazione sintetica o minerale e non si sa come questo possa accadere. Le particelle, che secondo le analisi non supererebbero i limiti di legge, nel tempo si stanno depositando sui terreni circostanti. Di fatto nella zona i casi di tumore di persone ed animali sono elevati ed in passato 88 operai della azienda Montefibre, vecchia proprietaria dello stabilimento che produceva filati sintetici ora convertito in centrale a Biomasse, sono morti per gravi forme di tumore. Si Potrebbe ipotizzare allora che la presenza di PCB sia dovuta alla combustione di quelle sostanze magari ancora presenti nello stabilimento e che potrebbero essere bruciate assieme all’olio di palma? E questo potrebbe accadere anche alla centrale di Pontinia? Utilizzare il CDR è per le società molto più vantaggioso economicamente perché oltre ad essere pagati per bruciare i rifiuti, produrrebbero energia a costo ZERO. Una centrale di queste dimensioni ha poi bisogno di una elevata quantità di combustibile che non potrebbe mai essere soddisfatta ne con le piantagioni locali di alberi e culture ne con la produzione solo locale di rifiuti. Inoltre a livello locale non si riscontrano benefici sulle bollette dei rifiuti o elettriche o agevolazioni di qualche tipo. Nulla vieta che questo potrebbe accadere anche nella centrale a biomasse di Pontinia. Questo consentirebbe alla società proponente di reperire facilmente materiale da bruciare e continuare a beneficiare degli incentivi statali. Possono poi essere bruciati i trucioli e altri scarti delle industrie del legno e del mobile che contengono colle e vernici e altre sostanze chimiche pericolose e possono produrre diossine; ancor peggio se a questi scarti viene aggiunto altro materiale (CDR, rifiuti).

B) USO DI COMBUSTIBILE A BIOMASSA, FABBISOGNO DEL’IMPIANTO;
La centrale a biomasse che la Pontinia rinnovabili S.r.l. intende costruire a Pontinia, nella zona industriale di Mazzocchio, consumerebbe, secondo le stime della stessa società proponente, 275.000 tonnellate l'anno di legno vergine. Ciò richiederebbe la disponibilità, a Pontinia e dintorni, di 16.000 ettari di terreni coltivati esclusivamente a biomasse. La relazione tecnica allegata al progetto descrive l’esempio di coltivazioni a base legnosa a breve ciclo (2-3 anni) e ad elevata produzione di biomassa. Nella relazione allegata al progetto c’è scritto che un ettaro di pioppeto produce circa 17 tonnellate all'anno di legno. Comune di Pontinia ha una superficie di circa 12.000 ettari e comprende le strade i canali, fiumi, fossi, edifici e quant'altro occupi il suolo. E' evidente quindi che per coprire il fabbisogno della centrale non sarebbero sufficienti tutti i terreni agricoli disponibili a Pontinia. Non risulta presentato alcun progetto di pianificazione colturale delle biomasse sul nostro territorio. La centrale per poter trattare, lavorare e bruciare la biomassa avrebbe bisogno di un quantitativo di combustibile fossile (gasolio) pari a 120 tonnellate annue; la stessa azienda per l’avviamento delle caldaie nei periodi invernali consumerebbe 630 Tonnellate annue sempre di gasolio. Tanto premesso, il conto energetico della centrale a biomasse di cui si discute non è conveniente in quanto non è possibile far funzionare la centrale esclusivamente con scarti agricoli ricavati in loco. L'impianto è troppo lontano rispetto al luogo di produzione della biomassa. Per alimentarlo occorrerebbe approvvigionarsi di materia prima, in primis pioppi, proveniente dall'estero. almeno 50/60 camion al giorno, che transiterebbero sulle principali strade di collegamento del nostro territorio incidendo negativamente su traffico e inquinamento;

C) SFRUTTAMENTO DEL SUOLO E DELLE RISORSE IDRICHE;
L’elevato quantitativo di acqua (oltre 104.000 mc in 8000 ore di esercizio) utilizzata per il processo produttivo prelevata mediante pozzo artesiano in loco verrebbe sottratta all’agricoltura locale che versa già in condizioni di emergenza idrica. La linea delle faglie si potrebbero abbassere notevolmente prosciugando in breve tempo tutti i pozzi della zona. Il rischio di un dissesto idrogeologico è palesato anche dal fatto che le caratteristiche geologiche del sottosuolo, portano alla formazione dei cosiddetti Sinkhole cioè voragini dovute all’erosione sotterranea dell’acqua oggetto di studio dell’Università di Roma Tre.

Figura 3 – Sinkhole a Mazzocchio



C) PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE
Ogni combustione, anche piccola, altera un equilibrio energetico, consuma energia e non la ripristina. Per piccole quote di combustione non succede nulla. Differente è se bruciamo tonnellate e tonnellate di biomasse in continuazione. L’energia che così viene prodotta non è “pulita”, perchè vengono prodotte polveri sottili, monossido di carbonio e altri inquinanti in maniera significativa. Anche dopo la depurazione dei fumi prodotti, ci sarà l’immissione nell’ambiente di quantità non trascurabili di numerosi macro e micro inquinanti (polveri sottili [9] ed ultra sottili, ossidi di azoto, idrocarburi policiclici aromatici [10], diossine..) con effetti potenzialmente pericolosi per la salute della popolazione esposta.

Le conseguenze per la salute degli abitanti sarebbe devastante. Per prima cosa le malattie dell’apparato respiratorio avrebbero un aumento esponenziale. I prodotti agricoli verrebbero inevitabilmente contaminati e assimileremo attraverso questi le particelle inquinanti. L’economia della zona basata, essenzialmente sull’agricoltura e la zootecnia, verrebbe stravolta. Chi comprerebbe più i prodotti dell’ agro pontino? Le ricadute occupazionali sul comparto agricolo non potranno mai essere rimpiazzate da quelle portate dalla realizzazione della centrale. Il materiale inerte risultato della combustione, è classificato rifiuto speciale e va smaltito come tale. Dove verrà smaltito questo materiale? Inoltre, come si evince dal documento “Linee Programmatiche” del Consiglio Provincia di Latina n° 77 del 1° ottobre del 2004, per le politiche e lo sviluppo economico sostenibile, si pone particolare attenzione al mondo dell’agricoltura, come fattore di grande importanza nel tessuto economico provinciale come volano della nostra economia, favorendo l’introduzione nel mondo agricolo delle produzioni biologiche, accompagnate da un percorso di tutela ambientale. Potranno mai essere coltivati dei prodotti biologici in queste zone con una centrale del genere?

4) RESOCONTO STORICO DEI TENTATIVI DI COSTRUZIONE DELLA CENTRALE
Il progetto della centrale di Mazzocchio a Pontinia è stato bocciato senza appello nella conferenza dei servizi del 30 agosto 2007 presso l'amministrazione provinciale di Latina per diverse lacune e mancanze. Sopratutto perchè prevedeva di bruciare (l'impianto di produzione di energia elettrica a biomasse è un inceneritore) alcuni rifiuti e perchè prevedeva che 1/5 della legna avrebbe avuto provenienza extra regionale e addirittura straniera. Poi il piano proposto non era sufficientemente chiaro a dimostrare come e da dove poteva provenire una simile quantità di legna per alimentare la quale non era nemmeno sufficiente tutto il bosco del Circeo. Come si evince da quanto di seguito riportato, nel tempo si erano espressi contro i diversi enti interessati: il comune di Pontinia, la ASL di Latina, i vigili del fuoco di Latina, la provincia di latina, la regione Lazio, il TAR di Latina. 27 gennaio 2009 conferenza servizi Il sindaco del comune di Pontinia, come richiesto, il parere negativo al progetto della centrale a biomasse in base agli articoli 216 e 217 del R.D. 1265/1934. I rappresentanti della ASL, in particolare il dottor Amilcare Ruta confortava il parere del sindaco di Pontinia che, una evidente situazione di malattie dell’apparato respiratorio era più che giustificabile un discorso dubitativo dove deve prevalere il principio di cautela. Anche il rappresentante del comando provinciale dei vigili del fuoco di Latina ha ricordato che il parere espresso sul progetto, in data 31/8/6 non teneva certo conto degli effetti domino e dell’irraggiamento termico e degli incendi che potrebbero svilupparsi da e per le centrali elettriche alle 2 centrali a incidenti rilevanti. - nella riunione conclusiva della commissione AIA – IPPC del 27 gennaio 2009 il Sindaco del comune di Pontinia con riferimento agli artt. 216 e 217 TULS del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 esprime parere negativo al progetto della centrale a biomasse; - la provincia di Latina con nota prot. n. 7843 del 5 febbraio 2009 di trasmissione, alla Segreteria della Conferenza permanente per i Rapporti Stato - Regione per le determinazioni di competenza, - il 7 maggio conferenza unificata presso la segreteria della presidenza del consiglio dei ministri dove il comune di Pontinia conferma il parere negativo espresso il 27 gennaio 2009, la Provincia di Latina conferma la validità della procedura e così il presidente della commissione che informa di aver chiesto e ricevuto 2 pareri del Consiglio di Stato che confermano la validità del parere del Comune di Pontinia e della procedura della Provincia di Latina. Assenti Regione Lazio e Ministero per la salute la decisione viene rinviata alla conferenza unificata che viene convocata senza esito il 21 maggio, l’11 giugno, il 29 luglio, 29 ottobre; - sentenza del TAR di Latina del 14 settembre 2009 n. 200900819 che respinge il ricorso della ditta proponente. (http://www.giustizia-amministrativa.it); - a metà novembre la società proponente notifica il ricorso contro la sentenza del TAR di Latina del 14 settembre 2009 n. 200900819, al Consiglio di Stato.


MA LE POSIZIONI SONO CAMBIATE!!!!!! 


La Regione Lazio in una nota del 16 Luglio 2012 (giunta Polverini), esprime parere favorevole alla costruzione dell’ impianto, condizionatamente alle prescrizioni e alle limitazioni espresse dai soggetti partecipanti alla conferenza dei servizi. Il 13 Dicembre del 2012 dalla conferenza dei servizi emergono i pareri favorevoli di: Regione Lazio, ASL Latina, vigili del fuoco, consorzio per lo sviluppo industriale Roma - Latina (???), Soc. TERNA s.p.a., mentre il comune di Pontinia dissente e ribadisce il proprio parere negativo. Il 5 Marzo 2013 (poco dopo le elezioni), la regione trasmette alla presidenza del consiglio dei ministri - dipartimento per il coordinamento amministrativo, l’esito della conferenza dei servizi con quanto sopra emerso. Il dipartimento per il coordinamento amministrativo, in una riunione del 22/04/2013, chiede alla regione e alla provincia le prescrizioni relative al superamento delle criticità progettuali. Chiede poi al comune di Pontinia di fornire le sue indicazioni integrative, relativamente alla posizione assunta precedentemente in conferenza dei servizi, in considerazione della necessità di adeguamento del progetto della centrale a biomasse da parte della società Pontinia Rinnovabili A.R.L. In sostanza l’ufficio della presidenza del consiglio preposto (il dipartimento per il coordinamento amministrativo) dice:


"QUESTA CENTRALE DEVE ESSERE FATTA, SE CI SONO PRESCRIZIONI INDICATELE CHE LA SOCIETA’ COSTRUTTRICE LE RISPETTERA’".


Il comune di Pontinia il 3/5/2013 trasmette una nota che ribadisce la contrarietà al progetto per ragioni di salute pubblica supportato dal parere della ASL nelle precedenti comunicazioni. Come prescrizione chiede che la centrale non debba superare 1 Mw. Il problema è che la ASL questa volta ha dato parere positivo. Nella conferenza dei servizi del 27 Gennaio 2009 segnalava che in presenza di indicazioni epidemiologiche con margini di incertezza non potrà che condividere le prescrizioni finalizzate alla riduzione e/o eliminazione di ogni potenziale rischio per la popolazione esposta.

VORREBBE DIRE: SE LA CENTRALE NON INQUINA NON CI SONO RISCHI.

Che è come dire SE ti fermi al semaforo non fai incidenti, SE non vai a rubare non rischi l’arresto, SE usi il casco in motorino non rischi di farti male ecc….ecc…. cioè vorrebbe dire SE rispetti le regole non ti succederà niente di male. SE…… SE…. ma purtroppo di incidenti ne succedono, i ladri vengono arrestati e non tutti usano il casco, quindi purtroppo non tutti rispettano le regole e spesso non è facile farle rispettare e cito l’esempio dell’ILVA di Taranto o delle decine di aziende che vengono denunciate per reati ambientali.

Figura 4 – l’ILVA di Taranto



Il 7 Maggio 2013 la Regione Lazio (giunta Zingaretti), trasmette le “prescrizioni” che la società costruttrice della centrale dovrà rispettare (sempre dopo che verrà costruita). Le prescrizioni riguardano quanto sopra esposto, polveri, sfruttamento delle falde, sicurezza del suolo impatto ambientale ecc… quindi una serie di interventi tecnici che la società dovrà fare per tutelare salute e territorio. L’8 Maggio 2013, anche la provincia si esprime sulla falsa riga della regione con prescrizioni analoghe. Sempre l’otto Maggio 2013 (….che coordinamento e quanta celerità!) anche la ASL di Latina viste le note di Regione e provincia, non può che esprimere parere positivo al progetto. Il 5 Luglio del 2013, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, delibera la realizzazione della centrale a Biomasse di Pontinia secondo le prescrizioni espresse dalla Regione Lazio, la Provincia, la ASL di Latina e che le predette amministrazioni vigileranno sul puntuale rispetto delle stesse. 

5) DITTA COSTRUTTRICE 
La società che vuole realizzare la centrale a Biomasse di Pontinia è la Pontinia Rinnovabili s.r.l. di Milano del sig. Fabio Ferretti. La società a fronte di un investimento CALCOLATO di 80 mln di Euro, godrà di un contributo statale di 8,8 mln di Euro.