Dall'esigenza di costruire un punto d'incontro, questo blog è: Informazione, Ambiente, Notizie, Politica, gruppi locali e comitati di cittadini contrari alla costruzione dell'Inceneritore a Biomasse di Pontinia.
mercoledì 30 marzo 2011
Pontinia: sabato 2 Aprile per amore dell'acqua con l'Ass. Cantiere Creativo
Questo film scuote la coscienza, a parlare sono le persone, voci narranti di una grande storia di ingiustizia e del fallimento della società civile.Dal Sud America all’India, dall’Africa alla porta di casa nostra, ci si rende conto che stiamo seriamente sottovalutando l’importanza vitale di poter usufruire di acqua pura; il nostro stile di vita, l’agricoltura moderna, l’industria e le grandi opere come le dighe, possono ulteriormente peggiorare la situazione.
Al termine del film, il consueto dibattito con gli spettatori, ospiti di rilievo saranno Alberto De Monaco, referente del comitato provinciale “Acqua Pubblica”, Giorgio Libralato, promotore del comitato referendario di Pontinia, Roberto Lessio, giornalista e scrittore per “il Caffè" di Latina, il “Comitato per i Si”, costituitosi a Latina, per la promozione dei Referendum popolari di Giugno, sull’acqua pubblica e l’energia nucleare.
Evento Facebook
domenica 27 marzo 2011
Pontinia: Inizia la campagna referendaria
sabato 19 marzo 2011
Pontinia città denuclearizzata
Pontinia. nella seduta del 4 Marzo vietata l'installazione di impianti nucleari.
Mentre si avvicina la scadenza elettorale per i referendum consultivi, uno dei quali sul nucleare, il consiglio comunale di Pontinia ha vietato nella seduta del 4 marzo l'installazione di impianti di energia nucleare a vario titolo. Lo ha fatto adottando la variante urbanistica originata dalla presenza di 2 società soggette a rischio di incidente rilevante (R.I.R.) in base alla Direttiva Seveso. Con la stessa delibera sono stati disciplinati gli interventi nella zona industriale di Mazzocchio per evitare che venga aumentato il livello di rischio e l'effetto domino. Proprio in questi giorni si sta celebrando il processo per il grave incidente di Viareggio per lo scoppio di una cisterna di gas che ha procurato 32 morti. Lo stesso rischio che si potrebbe verificare in presenza di aziende che lavorano determinati quantitativi di gas. In materia di nucleare continuano le battute d'arresto per i sostenitori. E' stato bloccato perchè ingannevole lo spot mandato in onda su tutte le tv nazionali dal Forum nucleare. Lo spot, trasmesso a dicembre su tutte le televisioni nazionali, usava la metafora della partita a scacchi in cui due opposte visioni si affrontano: una favorevole al nucleare e l'altra contraria. L'intenzione apparente era quella di promuovere un dibattito aperto e spregiudicato sul tema nucleare. L'inganno reale era invece che lo spot cercava di pilotare un'opinione precisa creando un pregiudizio pronucleare. Andando a vedere chi erano i finanziatori dell'iniziativa - furbamente non dichiarati all'interno dello spot - si intuisce facilmente a quale mulino lo spot voleva tirare. Tra i soci del Forum Nucleare, ufficialmente un' associazione no-profit, troviamo i nomi noti dell'industria nucleare: Enel, Edf (Électricité de France), Ansaldo Nucleare, E.On Italia... Sono loro ad aver investito i 6 milioni di euro necessari per "stimolare" il dibattito nelle case degli italiani. Smentito pure il prof. Veronesi, altro "esperto" pro nucleare.
Articolo di Giorgio Libralato pubblicato sabato 19 Marzo 2011 dal Il Settimanale di Latina
mercoledì 16 marzo 2011
Circondati dalle centrali
Dal 2002 ad oggi sono stati presentati 30 progetti per impianti elettrici
Pontinia, turbogas biomasse e fotovoltaico: la conta di Ecologia e Territorio
Se tutti i progetti presentati a Pontinia per la realizzazione di centrali elettriche fossero realizzati, la cittadina avrebbe energia per 550 MW. Dal 2002 ad oggi sono 30 le proposte passate per Enti pubblici, Regione, Provincia e Comune, finalizzate alla realizzazione di centrali tra cui la famosa turbogas (2002) e tre biomasse (a partire dal 2004) . Solo nel 2011, sono 3 i progetti per cui è stata chiesta la la valutazione di impatto ambientale (VIA), come si evince dallo stesso sito della Regione Lazio. Si tratta di centrali fotovoltaiche per cui sono state individuate aree specifiche: la strada Lungo Ufente, la Migliara 48 e la Migliara 53. I progetti, ovviamente sono ancora in attesa di valutazione. «Complessivamente abbiamo il progetto della centrale a turbogas di Mazzocchio, - commenta il portavoce dell’associazione Ecologia e Territorio Giorgio Libralato - quello della centrale a biomasse nello stesso nucleo industriale, quello ancora a biomasse per alimentare le idrovore di Mazzocchio, l'altra sulla Migliara 50 dove si voleva utilizzare l'olio di palma, la centrale fotovoltaica in zona industriale (del 2008), gli 11 progetti di centrali fotovoltaiche a terra (cioè al posto delle colture agricole) in zona rurale nel 2009, altrettanti progetti nel 2010. Siamo quindi a 30 progetti di centrali elettriche (oltre ovviamente agli impianti fotovoltaici sui tetti di abitazioni e capannoni) nel comune di Pontinia per una potenza di oltre 550 MW. E pensare che basterebbe coprire il 10% della sola superficie del Piano Regolatore Generale ovvero il centro abitato, di Pontinia per avere l'energia elettrica necessaria per alimentare case e uffici dell'intero comune». Si tratta di progetti, non tutti approvati, altri ancora in attesa dei pareri. Fa riflettere comunque come il territorio di Pontinia sia considerato un ottimo investimento, almeno per quanto riguarda la realizzazione degli impianti. Sarà la vocazione agricola, sarà il comprensorio piuttosto vasto, fatto sta che quello di Pontinia ad oggi sembra essere un primato. E comunque restano in piedi i ricorsi, quelli presentati nei confronti delle società che proprio secondo il Comune hanno presentato progetti incompatibili, un paradosso quello di Pontinia dove ben 200 ettari di terreni sono già stati destinati al fotovoltaico.
Articolo di MariaSole Galeazzi
Fonte: Latina Oggi 15 Marzo 2011
Fonte immagine: http://inprimapersona.wordpress.com
lunedì 14 marzo 2011
Nel merito della questione
Graziano Lanzidei
sabato 12 marzo 2011
Nasce a Latina il Comitato referendario per i SI
lunedì 7 marzo 2011
La battaglia per la cultura
Nonostante la pioggia erano in centinaia sabato mattina a Roma alla manifestazione contro i tagli alla cultura. In scena è stato messo un abbraccio simbolico al Colosseo. "La battaglia per la cultura - ha detto il segretario della Cgil Camusso - è una battaglia di libertà".
Servizio di Luciana Paris
Beni culturali, Camusso: battaglia per la cultura è battaglia per la libertà
Un abbraccio collettivo al Colosseo per la campagna "Abbracciamo la cultura"
Foto e Video
Tante persone che nonostante la pioggia hanno voluto far sentire la loro voce contro "i tagli alla cultura e per dare dignità al lavoro". Un abbraccio simbolico attorno ad uno dei monumenti che più caratterizza la capitale. E' la protesta organizzata nell'ambito della campagna 'Abbracciamo la cultura' a sostegno dei beni culturali, dello spettacolo e dei lavoratori del settore per la difesa del ruolo pubblico di un sapere collettivo, patrimonio di tutta la nazione. Quella di oggi è solo una delle tante tappe, previste in tutta Italia, dalla Campagna promossa da CGIL, LEGAMBIENTE, WWF, ARCI, ACLI Ambiente, AIB, ANA, A.R.CO.BCI, ARR, AUSER, CIA, IA.CS, INU, FITeL, Sistema Archivi Storici CGIL, Lavoratori PIERRECI, UIL BAC, A.R.I., Assotecnici, FIDAC, Ass. per L’Economia della Cultura, CSA PA BC Univ. La Sapienza.
"La battaglia per la cultura è una battaglia per la libertà", così ha esordito sul palco il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso intervenendo a conclusione delle tante testimonianze di lavoratori e rappresentanti del mondo della cultura.
"C'è una cosa - ha spiegato Camusso - che lega le tante piazze del Paese in cui oggi si manifesta per la cultura: questa è un'altra Italia", ossia ha proseguito la dirigente sindacale "quella che difende la Costituzione, il lavoro e la dignità delle persone, che vuole tanto bene a questo Paese". Secondo Camusso bisogna difendere l'Italia perché ricca di un grande patrimonio culturale, di una straordinaria produzione letteraria e di artisti fondamentali.
Non manca nell'intervento della leader della CGIL un attacco alla politica del Governo che invece di dare modo anche alle giovani generazioni di accedere al patrimonio artistico e culturale, ha denunciato "è orientata a tagliare gli strumenti che permettono di avere una propria opinione". Nel concludere Camusso ha avvertito "difendere la cultura è dire che vogliamo un paese libero, democratico, in cui si possa partecipare".
NUCLEARE: MEDICI PER L'AMBIENTE CONTRO VERONESI, DA LUI GRAVI OMISSIONI
Dal blog:http://informazionesenzafiltro.blogspot.com
(ASCA) - Roma, 5 mar - ''La sicumera con cui sul nucleare il professor Veronesi si lascia andare ad affermazioni prive di supporto scientifico lascia allibiti''.
''Ma l'aspetto piu' disarmante -denunciano Burgio e Baracca- e' la leggerezza con cui Veronesi considera gli effetti biologico-sanitari della radioattivita'. Un incidente nucleare grave e' in grado di contaminare un intero emisfero: eppure Veronesi 'liquida' con poche battute persino la catastrofe di Chernobyl. Dimenticando che scienziati e ricercatori di chiara fama, che hanno dedicato la loro vita a documentare gli effetti di una nube radioattiva che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l'Europa intera, parlano di un milione di vittime! Come puo' un oncologo accettare di dirigere un'Agenzia per la Sicurezza del Nucleare ignorando o trascurando questi studi?''.
FONTE: LINK
FONTE IMMAGINE: http://www.iljournal.it/2010/nucleare-senza-i-soldi-dei-contribuenti-le-centrali-non-si-fanno/184683
Gas Europeo
Articolo di Debora Billi
Comincio a pensare che il mio stimatissimo Export Land Model sia proprio la magica chiave in grado di svelare ogni segreto sugli avvenimenti contemporanei.
Non per dare credito al gossip che vuole i corpi speciali inglesi in attività in Libia (pare che le SAS si siano limitate ad intervenire per portare in salvo i dipendenti di una compagnia petrolifera), o la BP che vuol fare le scarpe all'ENI. Ma che gli inglesi siano assai preoccupati per l'esaurimento delle loro risorse nel Mare del Nord (se le sono anche fatte durare pochissimo, occorre ammettere) al punto da ricominciare a guardarsi intorno, è un sospetto che avevo da un po'.
Ora TOD pubblica un bell'articolo approfondito sulla situazione del gas in Europa. Ed oltre alle tante preziose informazioni, scopro un grafico che val più di mille parole. Questo:
Guardate: la righina rossa che rappresentava le esportazioni di gas fino a qualche anno fa, è stata sostituita dalla righina celeste in basso. Il Regno Unito ha smesso di esportare gas (gudagnandoci su) e ha cominciato ad importarne. E' la famosa equazione tra produzione interna che diminuisce e consumo interno che aumenta, ovvero l'Export Land Model, che squaderna una situazione in cui si annullano delle entrate rimpiazzandole con delle uscite. Il tutto condito dalla consapevolezza che i propri giacimenti sono in esaurimento, e quindi tale forbice non può che peggiorare.
Osserviamo allora i movimenti del Regno Unito alla luce di questa realtà. Non perché stia suonando l'ora X, l'Inghilterra non è l'Egitto, ma perché si faranno scelte drastiche e probabilmente anche poco rispettose di amici ed alleati. Sapete com'è, quando si tratta di sopravvivenza...
Fonte articoloArticoli correlati per categorie
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domenica 6 marzo 2011
Francia: estrazioni di gas scisto
Mentre in Italia ci titilliamo con il giochino del nucleare, in Francia sono già oltre: trivellazioni alla ricerca di gas scisto o gas non convenzionale. Come dire? Nonostante le loro 19 centrali nucleari non dormono sonni tranquilli e sono comunque alla ricerca di carburanti. Rifornirsi di gas da Putin e lo sappiamo anche noi italiani è davvero un problema.
Ecco nascere perciò il piano di trivellazioni che riguarda sopratutto il sud della Francia, che sta mandando su tutte le furie, cittadini, ambientalisti e ultimi, ma solo in ordine di apparizione, gli 80 parlamentari della Regione Languedoc- Roussillon, una delle più interessate dalle perforazioni. In pole position per accaparrarsi le autorizzazioni concesse dal Ministero dell’Ecologia i soliti noti: Total, GDF-Suez, Schuepbach Energy, Toreador France, Vermillion.
Hanno dichiarato congiunti gli 80 parlamentari, sostenuti da una petizione promossa da Greenpeace e firmata da 65mila persone:
Non possiamo non reagire alla mancanza di trasparenza da parte dello Stato e all’incoerenza sulla difesa dell’ambiente sancita da Grenelle. Le associazioni e i cittadini attraverso le istituzioni che li rappresentano non sono stati consultati in merito.
L’estrazione di gas scisto è una delle operazioni più devastanti per l’ambiente. Le tecniche impiegano solventi chimici che non sono tutti recuperabili. Dunque il sottosuolo viene contaminato. Si consumano inoltre ingenti quantità di acqua. Il New York Times ha denunciato che le acque di risulta sono pericolosamente radioattive. L’articolo è uscito un paio di settimane fa (lo trovate qui) e come riporta dorsogna:
Un solo pozzo produce 1 milione di galloni di acqua di scarto - 4 milioni di litri - spesso saturi di sali corrosivi, sostanze carcinogene come il benzene e radioattive come il radio, anche lui carcingeno. Alcune di queste sostanze sono naturalmente presenti sottoterra e il fracking li mescola all’acqua di scarto, altre invece vengono immesse artificialmente dall’uomo nelle miscele perforanti.
Negli Usa lo stato che sta pagando di più in termini ambientali l’estrazione di scisto è la Pennsylvania, ma il fracking sta facendo danni anche in Colorado, Ohio, Pennsylvania, Texas e West Virginia.
Pontinia: si allontana il progetto della turbogas?
E forse il comune di Pontinia è uno dei pochi in Italia ad avere un regolamento ed una programmazione urbanistica che vietino le centrale nucleari.Sono ammesse, quindi, tutte le altri aziende e attività, comprese, quindi, tutti i tipi di centrali elettriche, turbogas e biomasse comprese. Per gli stabilimenti non soggetti al controllo antincendio non cambia nulla. Per le attività soggette al controllo antincendio queste si devono attenere alle prescrizioni della normativa antincendio e al parere dei Vigili del Fuoco. Tutte le aziende e gli impianti compresi nell'elenco della Direttiva Seveso (quindi anche le centrali a biomasse e a turbogas) dovranno dimostrare con una valutazione del rischio e con il rapporto di sicurezza che queste non creino aggravio di rischio rispetto alle aziende esistenti.
In particolare per la Sud Gas e la Nuova Oter. La regolamentazione vale per un raggio di 2 km dall'azienda Sud Gas (in pratica viene regolamentato l'intera area industriale di Mazzocchio perchè la probabilità di nuove aziende soggette a RIR è quasi esclusivamente l'area industriale). Questa nuova delibera si è resa necessaria per rispondere agli obblighi di legge, da parte del comune, e disciplina anche l'informazione alla popolazione che per qualsiasi motivo (residente o lavoratore) starà all'interno del raggio di 2 km dall'azienda Sud Gas (per la Nuova Oter ancora si deve concludere l'iter di valutazione del rischio). La delibera è stata approvata per colmare il vuoto normativo, in seguito alla bocciatura e annullamento della precedente del 9 luglio 2009 in seguito al ricorso dell'Acea Electrabel Produzione spa (la società proponente la centrale a turbogas nel nucleo industriale di Mazzocchio) e alle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. Queste sentenze avevano eccepito sulla forma della delibera RIR, dando ragione nel merito al comune di Pontinia. Quindi, contrariamente a quanto affermato dalla società proponente la ccentrale a turbogas, è stato stabilito che la stessa azienda è soggetta alla Direttiva Seveso. Bastava, per questo, leggere l'elenco delle attività soggette. Era stata anche respinta la richiesta di risarcimento danni della società proponente la centrale a turbogas (per altro avevano pure sbagliato la somma degli importi che non avevano nè dimostrato nè giustificato con documenti). Le 2 sentenze del TAR e del Consiglio di Stato chiedevano che la delibera fosse: autosufficiente, spiegasse le motivazioni per il raggio analizzato di 2 km (la distanza dalla Sud gas alla fine del nucleo industriale) e che diventasse variante urbanistica, come è di fatto diventata. Da ieri scattano le norme di salvaguardia in attesa della conclusione dell'iter di variante. La delibera potrebbe essere fondamentale anche per l'udienza al TAR del 10 marzo in seguito al ricorso del comune di Pontinia avverso la lettera del Comitato Tecnico Regionale dei Vigili del Fuoco (CTR) in merito alla costruzione della turbogas. il CTR aveva affermato che, essendo la centrale situata all'esterno del raggio di azione del danno dalla Sud Gas era competente il comune. Che ha deliberato in proposito. Il ricorso del comune chiedeva di non considerare tale lettera interlocutoria un parere di compatibilità ambientale e territoriale che invece dovrà essere emesso dal comune di Pontinia, previa presentazione della documentazione (da parte della società proponente la centrale a turbogas) mai finora presentata. L'udienza si doveva tenere il 19 ottobre scorso ma era stata rinviata in attesa della sentenza (arrivata dopo l'udienza di novembre) dal Consiglio di Stato. Ma quella di giovedi potrebbe essere superata dalla variante del comune oppure anzichè decidere sulla sospensiva, chiesta dal comune, entrare nel merito. Intanto il progetto della centrale a turbogas rimane fermo dal marzo 2009, data del parere contrario per richiesta dei documenti da parte del sindaco che la società ancora non presenta. E intanto è scaduta, il 5 dicembre scorso, pure la VIA (Valutazione di Impatto ambientale) che era stata emanata il 5 dicembre 2005. Insomma nulla è ancora perduto per difendere il comune di Pontinia.
Fonte immagine turbogas: http://artenaonline.it
ACQUALADRONA
In questa seconda parte di quello che ci piace pensare come un quadro intorno all'acqua, un acquario quasi, tratteremo della situazione nazionale e locale delle società italiane mal gestite, ma che sono emanazioni di multinazionali francesi le quali dovranno pure interessarsi dell'intera vicenda. Ma se nella nostra lingua italica abbiamo adottato l'espressione laissez faire in francese non sarà forse un caso, più probabilmente un'eredità di vecchie abitudini colonialiste dure a morire, sembra. Il punto focale resta sempre quello, cioè che l'acqua è un bene comune, quindi, come può il sistema capitalistico farsi carico anche di ciò che non può essere prodotto? Lo stesso sistema che in meno di due secoli ci ha portati in un mondo ricco...di immondizia e scorie. Ma anche in questo caso, andiamo con ordine.
È bene specificare che le fonti del presente articolo, in cui cercheremo di inquadrare meglio la “cosa” privata che gestisce la “cosa” pubblica sul nostro territorio (che potremmo denominare cosa loro), sono tutte di pubblico dominio, per cui si tratta qui di raccolta dati e documenti, cui ovviamente saranno dati una sintesi ed un ordine specifici, ma spero tanto basti per evitare minacce legali cui il vizio ricorre spesso, se messo sotto la luce ch'egli rifugge per timore e non per modestia come fa la virtù.
Potremmo riprendere il nostro discorso da dove l'avevamo lasciato, nella Bolivia delle lotte per la “ripubblicizzazione” dell'acqua, che tuttora impegnano la popolazione a La Paz, la città sede del governo, insorta contro la multinazionale Bechtel dopo l'importante precedente di Cochabamba (Vedi http://www.peacelink.it/latina/a/10726.html). Ma fare il punto della situazione mondiale al riguardo richiederebbe un'inchiesta di dimensioni spropositate; è comunque importante evidenziare il ruolo della Banca Mondiale, che fin dall'inizio del “water shopping” delle grandi multinazionali ha spinto per “liberalizzare” le infrastrutture dei paesi considerati in via di sviluppo, conditio sine qua non per cui gli stessi Stati (dall'Oriente al Sud America, passando per l'Africa...ovviamente) avrebbero potuto avere accesso a piccoli finanziamenti, in cambio dell'“oro blu” o “azzurro” come spesso viene oggi chiamata questa risorsa vitale. Da quelle parti ormai da tempo, l'espressione “bere un bicchier d'acqua” è tutt'altro che metafora di semplicità, mentre oggi anche per noi (sfruttati di prima scelta) rischia di diventare un lusso: <<>> (Ibidem).
Così, accontentiamoci ora di dare il quadro di ciò che è accaduto e sta accadendo in Italia, sebbene anche questo compito possa risultare arduo, ci sembra doveroso partire dai problemi a noi più vicini. Infatti, come pensare di poter aiutare chi vive dall'altra parte del mondo, quando i nostri stessi diritti fondamentali: casa, lavoro, istruzione...acqua (!), sono messi in discussione dai poteri forti, dai fondi sovrani, dalle corporazioni e da tutti coloro, insomma, che vivono al di sopra del “tetto di cristallo”? Pretendere che i diritti fondamentali non restino su carta è la sfida che la mia generazione, volente o nolente, si ritrova ad affrontare.
Negli ultimi venti anni, in sintesi, la Banca Mondiale ha spinto perché le infrastrutture (e non solo) dei paesi in via di sviluppo venissero almeno in parte privatizzate, dedicando un intero settore ai denominati “public-private partnerships” (PPPs). Oggi tocca ai nuovi paesi in via di sviluppo, come l'Italia, per i quali ci vuole solo più tempo affinché raggiungano la soglia della povertà, ma di sviluppo inteso in senso inverso si parla, con la perdita della sovranità monetaria, la deregulation, il mal governo che legifera al soldo delle grandi multinazionali, le grandi sacche di precariato che si stanno sempre di più allargando in Europa, lasciano poco spazio ai dubbi sul destino che questi signori riservano per noi, gente comune. Ma torniamo al caso italiano, dell'acqua svenduta ai francesi.
È dell'inizio del febbraio 2009 la notizia che il municipio di Parigi sia riuscito a rendere di nuovo pubblica la gestione dell'acqua, <
Ebbene sì, mentre il resto del mondo industrializzato si sta rendendo conto del fallimentare esperimento di privatizzazione dell'acqua, o della sua gestione, se a qualcuno fa piacere illudersi ci sia differenza, il governo italiano accoglie a braccia aperte le multinazionali esiliate dalla Francia: Suez e Veolia. Perché è illusorio pensare che l'acqua sia pubblica? Si può capire meglio forse con un esempio un po' fantascientifico: immaginate che il governo riconosca la nostra aria come irrespirabile, immaginate ora che una nuova tecnologia possa “risolvere” il problema, tipo un mega-pallone che sia in grado di ricoprire la vasta superficie della collina corese, nel nostro caso, e che sull'area di questo gigantesco pallone bianco (o trasparente magari) possano essere messi dei bocchettoni in grado di incanalare l'aria da fuori ripulita e sicura (figurarsi). Ecco, allora potremmo affermare che l'aria è un bene comune, pubblico, ma che avremmo comunque bisogno di una multinazionale che ci eroghi il servizio: è evidente il disegno criminale o no?
La privatizzazione è in primo luogo la gestione a fini privatistici del servizio idrico, che è in corso ormai da 15 anni. Dalla metà degli anni ’90 alla gestione svolta da soggetti di diritto pubblico (Aziende speciali, Consorzi tra Comuni) si sostituisce progressivamente la gestione tramite società di capitali, in particolare S.p.A., che, com’è noto, sono soggetti di diritto privato e, come recita il codice civile, vengono costituite “per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”(Fonte: www.acquabenecomune.org)
O l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale, da conservare per le generazioni future o diventa un bene economico soggetto alle regole della valorizzazione del capitale economico-finanziario. (Ibidem)
Per quanto riguarda invece il grado di privatizzazione: le S.p.A. a totale capitale pubblico sono dette spesso “privatizzazioni formali” mentre le S.p.A. miste e quelle private, definite “sostanziali”, sono maggiormente piegate a una logica legata al profitto. Per questo non si può sostenere che il servizio idrico non sia privatizzato perché sono solo 7 le S.p.A. totalmente private che finora (al 23 giugno 2010) gestiscono il servizio sul territorio italiano: è più chiaro e rispondente alla realtà evidenziare che dei 110 soggetti che gestiscono il servizio idrico nei 69 Ambiti territoriali che hanno affidato il servizio tutte sono società di capitali, 106 S.p.A. e 4 srl. Poi, delle 106 S.p.A., 65 sono a totale capitale pubblico, 34 miste pubblico-privato (ma comanda il privato con patti parasociali in fotocopia) e 7 totalmente private. (Ib.)
Negli anni 1996-2006 le tariffe sono cresciute di più del 60%, mentre l’inflazione, sempre nello stesso periodo, è stata di poco superiore al 25%. Gli investimenti dall’inizio degli anni ’90, quando assommavano a circa 2 mld euro/anno, sono letteralmente crollati (-2/3) ai circa 6-700 mila euro/anno dall’inizio degli anni 2000, con quello che ne consegue in termini di mancata ristrutturazione delle rete idrica e delle perdite ad essa connesse. (Ib.)
La mercificazione dell’acqua e la sua conseguente trasformazione in bisogno (invece che diritto) rende reale il pericolo di estromissione delle fasce sociali meno abbienti e costruisce una relazione più stretta tra reddito delle famiglie e possibilità di avere accesso all’acqua potabile. Non è uno spauracchio, ma semplicemente la registrazione di quanto è già avvenuto dove il processo di privatizzazione si è spinto più avanti e che è destinato a realizzarsi se il disegno di Ronchi e del governo andrà avanti. Da questo punto di vista, basta dare un’occhiata al sistema inglese, dove, assieme ad una gestione totalmente privatizzata, esiste peraltro una forte e “preparata” autorità di regolazione pubblica, l’OFWAT. Ebbene, proprio in questa situazione, oltre a forti aumenti tariffari e a una situazione di rilevanti sottoinvestimenti, si è arrivati a un record negativo di “water poverty”, l’indicatore che misura l’insostenibilità del costo della fornitura d’acqua rispetto al reddito percepito: le famiglie inglesi che si trovano in questa situazione sono ormai circa il 10% del totale. In Italia, per altro, 8 milioni di cittadini non hanno ancora uno stabile e dignitoso accesso all’acqua potabile. Quanti diventeranno? (Ib.)
Mentre l'Europa torna a pubblicizzare l'acqua dunque, l'Italia offre ovunque sul suo territorio esempi di gestione privata del servizio idrico disastrosi: nessun miglioramento delle reti idriche/colabrodo, nessun miglioramento della qualità delle acque (vedi vicenda arsenico), aumento delle bollette anche del 300 % (come in Bolivia). Che fare?
La Corte Costituzionale ha ammesso due quesiti referendari proposti dai movimenti per l'acqua. A primavera gli uomini e le donne di questo paese decideranno su un bene essenziale. La vittoria dei “sì” porterà ad invertire la rotta sulla gestione dei servizi idrici e più in generale su tutti i beni comuni.(www.acquabenecomune.org).
È un primo passo importante, quello di rendere l'acqua alla tutela dei cittadini, ma il cammino verso una gestione senza sprechi, inquinamento o profitti sarà per sempre tra le priorità di tutti i cittadini, giacché la gestione pubblica già in passato non è stata in grado di assicurare tutto questo. Chiuderei questa seconda par(e)te del nostro “acquario” con una citazione famosa e sempre calzante, quando si parla del rispetto dell'ambiente che ci circonda e a cui, è bene ricordarlo, dobbiamo la nostra stessa esistenza:
Quando avranno inquinato
l'ultimo fiume,
abbattuto l'ultimo albero,
preso l'ultimo bisonte,
pescato l'ultimo pesce,
solo allora si accorgeranno
di non poter mangiare il denaro
accumulato nelle loro banche.
(Tatanga Jota - Toro Seduto)