Il Governo legifera a difesa degli imprenditori che fanno lo sporco lavoro di incenerire i rifiuti e di bruciare qualsiasi cosa che possa entrare in un termo-combustore. PIROMANI!!! Mai e poi mai che legiferasse a difesa del cittadino!
Con la modifica all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, in materia di responsabilità processuale delle associazioni di protezione ambientale, si vuole tappare la bocca ai cittadini INFORMATI, e di cancellarli ancora una volta dalla posizione di opporsi agli ECO-MOSTRI che i nostri dipendenti pubblici di Montecitorio, in collaborazione con gli Imprenditori selvaggi vogliono costruire sulla nostra martoriata penisola Italiana. Ancora una volta si tira in ballo questa insignificante parola: « Nimby» («Not in my back yard ») , attaccando i cittadini che RESISTONO a gli attacchi anticostituzionali, fascisti, speculativi di questi AMMAZZA AMBIENTE!
Quello che segue sono gli atti parlamentari che riassumono il loro voler eliminare e denunciare le associazioni di cittadini che combattono per la salute e l'ambiente!
ONOREVOLI COLLEGHI ! — Se, da un lato, la spinta ambientalista ha determinato un continuo sviluppo della normativa di settore che regola gran parte delle attività che determinano un qualche tipo di impatto ambientale sul territorio nazionale, dall'altro lato, le istanze ambientaliste hanno contribuito alla crescita di una diffusa attenzione al « territorio di riferimento » che, all'interno della società civile, ha originato con sempre maggior frequenza comportamenti di protesta contro le scelte infrastrutturali sviluppate da soggetti pubblici e privati.
Tali proteste, conosciute con l'acronimo « Nimby» («Not in my back yard »), determinano un ritardo costante del « cantiere Italia ». I dati del progetto « Nimby», gestito dall'Agenzia di ricerche in Forum formazione e società (ARIS), indicano che il 2007 ha registrato una situazione cronica di stallo nella costruzione di grandi opere, con 193 infrastrutture oggetto di protesta. Rigassificatori, termovalorizzatori, corridoi ferroviari, centrali a biomasse, elettrodotti, autostrade, discariche, inceneritori: qualunque fosse il progetto, il fermo alla sua realizzazione è stato disposto sempre per le stesse ragioni. Un ricorso al giudice amministrativo è sufficiente a impedire o a ritardare la realizzazione di opere pubbliche, senza che sia previsto alcuno strumento di responsabilizzazione delle associazioni di protezione ambientale, le quali, talvolta, presentano ricorsi pretestuosi, con il solo e unico scopo di impedire la realizzazione dell'opera pubblica. Il dilagare di questo fenomeno ritarda (e spesso paralizza) la realizzazione di gran parte degli interventi pubblici in programma nei settori dell'energia, dei trasporti, dello smaltimento rifiuti, della depurazione e della stessa edilizia residenziale e terziaria. Il problema di fondo sembra consistere nel fatto che tali opere infrastrutturali, progettate per generare nel tempo benefìci e vantaggi per un'utenza vasta (spesso per l'intera collettività nazionale), determinano disagi concentrati sulle comunità situate nelle più immediate vicinanze della stessa opera.
Questa originale forma di « egoismo territoriale » mantiene solo parzialmente l'originale matrice ambientalista: la sua esplicitazione in comportamenti di aperto conflitto finisce, infatti, per penalizzare la stessa realizzazione degli interventi inseriti nei programmi di politica ambientale. Pertanto, sembra doveroso un intervento legislativo volto a responsabilizzare l'attività delle associazioni di protezione ambientale, al fine di evitare che ricorsi amministrativi, manifestamente infondati, siano presentati al solo fine di ritardare la realizzazione di opere pubbliche. Per fare ciò si prevedono la responsabilità delle stesse associazioni per lite temeraria e il conseguente risarcimento del danno a vantaggio della pubblica amministrazione.
La legge 8 luglio 1986, n. 349, recante le norme in materia di danno ambientale:
1) all'articolo 13 individua le associazioni di protezione ambientale legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l'interesse ambientale; esse sono, pertanto, legittimate a impugnare anche atti a contenuto urbanistico purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente, anche se lo specifico bene non sia sottoposto ad alcun vincolo (paesistico, archeologico, idrogeologico eccetera);
2) all'articolo 18 attribuisce alle associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 il potere di intervento e la potestà di impugnare gli atti illegittimi lesivi del « bene-ambiente ». Tuttavia, la modifica di tale legge non può non tenere conto dell'orientamento del legislatore nel cosiddetto
« decreto anti- crisi », decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, della legge 28 gennaio 2009, n. 2: l'articolo 20 di tale decreto prevede, infatti, un iter accelerato per le opere pubbliche ritenute prioritarie « per lo sviluppo economico del territorio », la nomina di commissari straordinari delegati che dovranno vigilare su tutte le fasi di realizzazione dell'investimento e che, quindi, seguiranno ogni progetto con poteri sostitutivi delle amministrazioni interessate, ma, soprattutto, l'abolizione della facoltà sospensiva del tribunale amministrativo regionale (TAR). Lo snellimento delle procedure non permetterà più che sia il TAR a decidere se un'opera si debba fare o meno: con le nuove norme vengono accorciati i tempi per il ricorso contro le decisioni del commissario straordinario delegato. Il cantiere, pertanto proseguirà nei suoi lavori e se il ricorrente dimostrerà di avere ragione otterrà un indennizzo.
Leggi il post: Se è un pretesto...PAGHI!!! sul blog Rete dei cittadini di Pontinia
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