mercoledì 28 settembre 2011

Latina crocevia del traffico illegale di rifiuti pericolosi

Ecomafia 2011 di Legambiente, storie numeri della criminalità

Il pentito casalese Carmine Schiavone denuncia la provincia di Latina quale crocevia del traffico illegale di rifiuti pericolosi!!

Una situazione drammatica che abbiamo denunciato più volte. Il dossier Ecomafie 2011 restituisce la fotografia di una provincia preda degli appetiti degli ecomafiosi. Contro le ecomafie serve un coordinamento unitario e un'azione più incisiva da parte della politica. Basta complicità e negazionismo. Si lavori su proposte concrete, sulla bonifica immediata delle aree contaminate, su una cultura della legalità e dello sviluppo ecosostenibile diffusa e si sostenga l'opera delle forze dell'ordine e della Magistratura. Salviamo il nostro territorio da speculazioni, abusivismo, rifiuti pericolosi, corruzione, violenza e criminalità ambientale. Le cifre ufficiali del rapporto Ecomafie 2011 di Legambiente sono impietose e drammatiche. Restituiscono la fotografia di una regione e di una provincia che vedono nella criminalità ambientale uno dei loro problemi più diffusi ed allarmanti, ancora non adeguatamente affrontati dalla classe dirigente. Negazionismo del fenomeno e ostruzionismo devono terminare. Nel Lazio si verificherebbero 8,5 illegalità ambientali al giorno, 3.124 infrazioni nel 2010, il 10,1% del totale nazionale, con una crescita decisamente preoccupante del ciclo dei rifiuti. Il Lazio quest'anno scala una posizione e passa da sesta a quinta regione in Italia per ecomafie nei rifiuti (dopo le quattro regioni storicamente caratterizzate da infiltrazioni mafiose), con un incremento del 30% dei reati accertati che arrivano ad essere 376, pari al 6,3% del totale nazionale, con 341 persone denunciate, 169 sequestri e nessun arresto. Una situazione critica, tanto da far affermare alla Direzione nazionale antimafia (Dna) nell’ultima relazione annuale che la “dispersione dell’attività investigativa nelle varie procure ordinarie (...), in funzione di un coordinamento utile a evidenziare segnali di presenza di sodalizi mafiosi dietro le organizzazioni o i traffici individuati, ha di fatto reso impossibile o estremamente difficoltoso comprendere quali siano le dimensioni degli interessi delle altre mafie verso questo fenomeno criminale, interessi che non possono certamente escludersi”.

Le recenti dichiarazioni del pentito casalese Carmine Schiavone, ha messo in evidenza l'esistenza di un incrocio perverso di mafiosi, massoni targati P2, imprenditori senza scrupoli del nord Italia ed europei che avrebbero destinato il sud della provincia di Latina a discarica clandestina di rifiuti altamente pericolosi. Una situazione che deve essere affrontata con il massimo della determinazione, sostenendo le forze dell'ordine, la e tutti coloro che sono impegnati sul fronte della legalità e delle lotte antimafia. Il pentito afferma che «i rifiuti tossici portati dalla camorra dei Casalesi hanno inquinato anche il ventre di Latina, avvelenando pure il Basso Lazio. Io non ero d'accordo coi miei del clan, rovinavano la vita dei nostri figli. E mi sono pentito». Il carico tossico di rifiuti, sempre secondo Schiavone, sarebbe giunto « dalle società del Nord, ma anche da Svizzera, Francia e Germania. Nei primi del '90 seppi che i miei uomini e mio cugino Sandokan si erano buttati in questo affare sciagurato, sia in Campania, a Casal di Principe, che in altre zone, per esempio il Basso Lazio. Come teste di ponte dei loro traffici usavano le famiglie Nuvoletta, i Mallardo, mentre gli intermediari delle ditte erano teste di legno e soprattutto un esponente della massoneria targata P2 ». Si tratta di notizie già note ai magistrati, alla Commissione parlamentare antimafia e alla Scuola superiore di polizia. Ancora Schiavone ricorda che in seguito ad un sopralluogo nei luoghi dove sarebbero stati interrati i rifiuti, effettuato anche con i tecnici dell'Enea per verificare la radioattività, furono tutti costretti a fuggire considerando che gli strumenti per la rilevazione dei livelli di inquinamento erano letteralmente impazziti.
Ricordiamo che già don Cesare Boschin denunciò il traffico illegale di rifiuti che interessava la discarica di borgo Montello(Latina) e per questo pagò con la vita il suo coraggio di uomo libero. Su questa vicenda, con Libera, da anni chiediamo la riapertura delle indagini. Un business delle ecomafie è particolarmente lucrativo e compromette gli equilibri ecologi del territorio, avvelenando il tessuto sociale ed economico con complicità che devono essere smascherate. Un crimine di queste dimensioni e gravità non può essere stato realizzato nella piena clandestinità. Si indaghi anche quindi
sulle complicità eventuali di amministratori pubblici, funzionari e pubblici ufficiali compiacenti e si sostengano senza tentennamenti le forze dell'ordine e la Magistratura.

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