martedì 10 aprile 2012

La Rivoluzione Verde di Venaus, inizia a "coltivare il futuro"

La Val di Susa? È il posto giusto per cambiare vita. Il Comune di Venaus, simbolo della 'resistenza' No-Tav, ha iniziato a 'coltivare il futuro'. Danilo, ideatore di questa piccola rivoluzione verde partita nel 2005, guida adesso una cooperativa di compaesani, tutti felicemente tornati alla terra.

di Giorgio Cattaneo - 23 Marzo 2012

Danilo, ideatore di una piccola rivoluzione verde, ora guida una cooperativa di compaesani, tutti tornati alla terra
We could be heroes, just for one day. Si fa presto a dire 'eroi': definizione attribuita quasi sempre a sproposito, magari in mezzo a qualche battaglia con morti e feriti. Per fortuna non ci furono morti, nel 2005, in quel lembo di terra miracolosamente piana che s’insinua a ridosso della Francia, all’ombra di montagne alte più di tremila metri.
I feriti invece non mancarono: finirono all’ospedale, travolti in piena notte dalla furia dei manganelli. Seguirono due giorni di quasi-insurrezione popolare, con in testa i sindaci in fascia tricolore, e il governo fu costretto ad accantonare il progetto.
Doveva essere la prima area di cantiere per la Torino-Lione, e venne sbaraccata. “Il Comune ce l’ha assegnata in comodato d’uso, e adesso quei terreni li abbiamo seminati a grano”. Il Comune è quello di Venaus, luogo simbolo della 'resistenza' No-Tav, che ora si è trasferita a Chiomonte. Scampato il pericolo, Venaus ha cominciato a coltivare il futuro.
Danilo, leader di una piccola rivoluzione verde, ora guida una cooperativa di compaesani, tutti tornati alla terra: “Ero operaio al cotonificio di Susa, persi il lavoro e mi misi in proprio come artigiano edile. Funzionava, ero contento, ma poi ci arrivò addosso il terremoto-Tav”. Una mattina, lui e il fratello scoprono che il loro villaggio è completamente militarizzato. “Faceva effetto: i nostri genitori, padre e madre, erano stati entrambi partigiani”.

Si vuole tuttora imporre alla valle di Susa una maxi-opera senza però mai fornire spiegazioni sulla sua presunta utilità
Per la prima volta, bisognava fare i conti col fantasma dell’eco-mostro, la maxi-opera che si vuole tuttora imporre alla valle di Susa senza però mai fornire spiegazioni sulla sua presunta utilità. In vallata, la battaglia civile ha svegliato anticorpi che dormivano: “Prima non mi ero mai occupato granché della questione-Tav – dice Danilo – e poi, quando il cantiere si è allontanato da Venaus, mi sono detto che per dimostrare la serietà delle nostre ragioni non basta dire 'no', bisogna anche mettere in pratica uno stile di vita diverso”.
Detto fatto: è bastata una ricognizione ai campicelli di famiglia, frazionati nel dedalo di orti e terreni che costellano la ripida campagna alle spalle del paese. “Proprio il frazionamento delle proprietà è il problema numero uno dell’agricoltura alpina: ci sono lotti così piccoli che non ci puoi neppure entrare col trattore”. Il risultato storico? L’abbandono.
Ma a Venaus la storia hanno cominciato a riscriverla dal 2005, a partire dalla terra: “Abbiamo bussato a tutte le porte, e ci hanno aperto: chi aveva un pezzo di terra non più coltivato ce l’ha concesso in cambio di una parte del raccolto. Ora abbiamo messo insieme 7 ettari, cercando di aggregare lotti per disporre di terreni lavorabili”. Agricoltura biologica, secondo tradizione: “Niente chimica, ma non abbiamo neppure chiesto la certificazione “bio”, perché non ci andava di compilare scartoffie. Oltretutto non ci serve: i nostri clienti sanno benissimo chi siamo e come lavoriamo: i nostri prodotti sono naturali”.
Ci sono le pannocchie del 'pignoletto rosso', antica varietà regionale recuperata dall’Associazione Antichi Mais creata dal Crab, il centro per l’agricoltura biologica del Piemonte, e ci sono le prelibate patate di montagna, tonnellate di prodotto che ogni anno va letteralmente a ruba perché è gustoso e non necessita di trattamenti. “A seconda della stagione abbiamo un po’ di tutto: ortaggi, frutta, erbe aromatiche”. Persino l’aglio, i frutti di bosco, i prelibati marroni.
“Certo, non mancano le spese: qui in montagna ogni campo va recintato, altrimenti il raccolto se lo mangiano i cinghiali. E quello che non piace ai cinghiali finisce in pasto ai cervi e ai caprioli”. In compenso, ci sono i vantaggi di un paese che ospita una storica centrale idroelettrica dell’Enel: “Abbiamo condutture idriche ad alta pressione, che consentono di ottimizzare l’irrigazione”. Il resto è duro lavoro: “Abbiano iniziato a recuperare muretti a secco e terrazzamenti, ripristinando il paesaggio di una volta”.

Il Comune di Venaus è il simbolo della 'resistenza' no Tav
All’inizio, Danilo era solo. Adesso lavora con Monica, Silvana, Adriano, Guido, Serafino, Tonino e Valter. Tutti facevano altri mestieri, e tutti hanno scelto di tornare all’agricoltura. Una scelta consapevole, anti-crisi: qualità della vita, in un mondo avvelenato e vicino al collasso dell’economia industriale. Insieme hanno costituito la cooperativa Dalla terra nativa. Parole da cui si ricava la promessa di un traguardo necessario: 'alternativa'. “La lotta popolare contro la Torino-Lione ci ha aiutato a capire che il nostro modo di vivere non era proprio felice”.
Sono scattate attenzioni e disponibilità: dal sindaco, Nilo Durbiano, ai proprietari degli appezzamenti ceduti volentieri in comodato. Idem i clienti: acquistano i prodotti nei mercati della zona o direttamente all’azienda agricola, che confeziona anche 'cestini' da consegnare a domicilio. E poi ci sono i Gas, i gruppi d’acquisto solidale di Torino che si riforniscono a Venaus. “Ci comprano le patate di montagna ad un euro al chilo: se le cedessimo alla grande distribuzione, le dovremmo praticamente regalare”.
Valle di Susa, Italia: il posto giusto per iniziare a cambiare vita. “Non è stato semplicissimo, c’è voluto impegno. E anche denaro, perché all’inizio devi pur procurarti qualche attrezzatura per lavorare la terra. Ma adesso cominciamo a vedere i primi risultati: ed è un bella soddisfazione”. Danilo ormai parla come un esperto di decrescita: “Ho venduto l’auto, non mi serviva più. Mi basta quella di mia moglie, che fa l’infermiera. Ho meno spese e – a conti fatti – in tasca mi restano gli stessi soldi di prima”, quando in fabbrica c’era lo stipendio sicuro e sui cantieri edili il lavoro non mancava: “Ma alla fine ero costretto a lavorare come un matto, sempre di più, per riuscire a pagare le tasse. Che vita era?”. Danilo sorride: “Non c’è paragone, davvero: oggi ho più tempo per stare con mia figlia. E poi le mie giornate sono all’aria aperta, dal mattino alla sera. Credetemi: non tornerei indietro”.

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