
di Giorgio Cattaneo - 23 Marzo 2012
Danilo, ideatore di una piccola rivoluzione verde, ora guida una cooperativa di compaesani, tutti tornati alla terra
We could be heroes, just for one day. Si fa presto a dire 'eroi': definizione attribuita quasi sempre a sproposito, magari in mezzo a qualche battaglia
con morti e feriti. Per fortuna non ci furono morti, nel 2005, in quel
lembo di terra miracolosamente piana che s’insinua a ridosso della
Francia, all’ombra di montagne alte più di tremila metri.
I feriti
invece non mancarono: finirono all’ospedale, travolti in piena notte
dalla furia dei manganelli. Seguirono due giorni di quasi-insurrezione
popolare, con in testa i sindaci in fascia tricolore, e il governo fu
costretto ad accantonare il progetto.
Doveva
essere la prima area di cantiere per la Torino-Lione, e venne
sbaraccata. “Il Comune ce l’ha assegnata in comodato d’uso, e adesso
quei terreni li abbiamo seminati a grano”. Il Comune è quello di Venaus,
luogo simbolo della 'resistenza' No-Tav, che ora si è trasferita a
Chiomonte. Scampato il pericolo, Venaus ha cominciato a coltivare il
futuro.
Danilo, leader di una piccola rivoluzione verde,
ora guida una cooperativa di compaesani, tutti tornati alla terra: “Ero
operaio al cotonificio di Susa, persi il lavoro e mi misi in proprio
come artigiano edile. Funzionava, ero contento, ma poi ci arrivò addosso
il terremoto-Tav”. Una mattina, lui e il fratello scoprono che il loro
villaggio è completamente militarizzato. “Faceva effetto: i nostri
genitori, padre e madre, erano stati entrambi partigiani”.
Si vuole tuttora imporre alla valle di Susa una maxi-opera senza però mai fornire spiegazioni sulla sua presunta utilità
Per la prima volta, bisognava fare i conti col fantasma dell’eco-mostro,
la maxi-opera che si vuole tuttora imporre alla valle di Susa senza
però mai fornire spiegazioni sulla sua presunta utilità. In vallata, la
battaglia civile ha svegliato anticorpi che dormivano: “Prima non mi ero
mai occupato granché della questione-Tav – dice Danilo – e poi, quando
il cantiere si è allontanato da Venaus, mi sono detto che per dimostrare
la serietà delle nostre ragioni non basta dire 'no', bisogna anche
mettere in pratica uno stile di vita diverso”.
Detto fatto: è bastata una ricognizione ai campicelli di famiglia, frazionati nel dedalo di orti e terreni
che costellano la ripida campagna alle spalle del paese. “Proprio il
frazionamento delle proprietà è il problema numero uno dell’agricoltura
alpina: ci sono lotti così piccoli che non ci puoi neppure entrare col
trattore”. Il risultato storico? L’abbandono.
Ma
a Venaus la storia hanno cominciato a riscriverla dal 2005, a partire
dalla terra: “Abbiamo bussato a tutte le porte, e ci hanno aperto: chi
aveva un pezzo di terra non più coltivato ce l’ha concesso in cambio di
una parte del raccolto. Ora abbiamo messo insieme 7 ettari, cercando di
aggregare lotti per disporre di terreni lavorabili”. Agricoltura biologica,
secondo tradizione: “Niente chimica, ma non abbiamo neppure chiesto la
certificazione “bio”, perché non ci andava di compilare scartoffie.
Oltretutto non ci serve: i nostri clienti sanno benissimo chi siamo e
come lavoriamo: i nostri prodotti sono naturali”.
Ci sono le pannocchie del 'pignoletto rosso', antica varietà regionale recuperata dall’Associazione Antichi Mais
creata dal Crab, il centro per l’agricoltura biologica del Piemonte, e
ci sono le prelibate patate di montagna, tonnellate di prodotto che ogni
anno va letteralmente a ruba perché è gustoso e non necessita di
trattamenti. “A seconda della stagione abbiamo un po’ di tutto: ortaggi,
frutta, erbe aromatiche”. Persino l’aglio, i frutti di bosco, i
prelibati marroni.
“Certo,
non mancano le spese: qui in montagna ogni campo va recintato,
altrimenti il raccolto se lo mangiano i cinghiali. E quello che non
piace ai cinghiali finisce in pasto ai cervi e ai caprioli”. In
compenso, ci sono i vantaggi di un paese che ospita una storica centrale
idroelettrica dell’Enel: “Abbiamo condutture idriche ad alta pressione, che consentono di ottimizzare l’irrigazione”.
Il resto è duro lavoro: “Abbiano iniziato a recuperare muretti a secco e
terrazzamenti, ripristinando il paesaggio di una volta”.
Il Comune di Venaus è il simbolo della 'resistenza' no Tav
All’inizio,
Danilo era solo. Adesso lavora con Monica, Silvana, Adriano, Guido,
Serafino, Tonino e Valter. Tutti facevano altri mestieri, e tutti hanno
scelto di tornare all’agricoltura. Una scelta
consapevole, anti-crisi: qualità della vita, in un mondo avvelenato e
vicino al collasso dell’economia industriale. Insieme hanno costituito
la cooperativa Dalla terra nativa.
Parole da cui si ricava la promessa di un traguardo necessario:
'alternativa'. “La lotta popolare contro la Torino-Lione ci ha aiutato a
capire che il nostro modo di vivere non era proprio felice”.
Sono scattate attenzioni e disponibilità:
dal sindaco, Nilo Durbiano, ai proprietari degli appezzamenti ceduti
volentieri in comodato. Idem i clienti: acquistano i prodotti nei
mercati della zona o direttamente all’azienda agricola, che confeziona
anche 'cestini' da consegnare a domicilio. E poi ci sono i Gas, i gruppi
d’acquisto solidale di Torino che si riforniscono a Venaus. “Ci
comprano le patate di montagna ad un euro al chilo: se le cedessimo alla
grande distribuzione, le dovremmo praticamente regalare”.
Valle di Susa, Italia: il posto giusto per iniziare a cambiare vita.
“Non è stato semplicissimo, c’è voluto impegno. E anche denaro, perché
all’inizio devi pur procurarti qualche attrezzatura per lavorare la
terra. Ma adesso cominciamo a vedere i primi risultati: ed è un bella
soddisfazione”. Danilo ormai parla come un esperto di decrescita: “Ho
venduto l’auto, non mi serviva più. Mi basta quella di mia moglie, che
fa l’infermiera. Ho meno spese e – a conti fatti – in tasca mi restano
gli stessi soldi di prima”, quando in fabbrica c’era lo stipendio sicuro
e sui cantieri edili il lavoro non mancava: “Ma alla fine ero costretto
a lavorare come un matto, sempre di più, per riuscire a pagare le
tasse. Che vita era?”. Danilo sorride: “Non c’è paragone, davvero: oggi
ho più tempo per stare con mia figlia. E poi le mie giornate sono
all’aria aperta, dal mattino alla sera. Credetemi: non tornerei
indietro”.
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