TERRITORIO. Il caso del progetto per la costruzione di un impianto a biomasse, tra i 31 presentati nella cittadina in provincia di Latina.
Nel disordine delle 31 centrali elettriche presentate nel comune di Pontinia (14mila abitanti, una centrale ogni 450 abitanti) sono spuntati tre progetti di centrali a biomasse: una di 20 MW, due da 1 MW, una delle quali “travestita” (dalla Provincia di Latina) a impianto fotovoltaico. Non basta: tra i combustibili era addirittura previsto l’uso dell’olio di palma ed è stato oggetto di una segnalazione al Ministero per l’ambiente e successiva indagine della Forestale di Stato, perchè potrebbe derivare dalla deforestazione illegale. Si attende il completamento dell’indagine.
Il progetto della centrale a biomasse da 20 MW, nella conferenza dei servizi presso la Provincia di Latina, è stato trasmesso alla segreteria della presidenza del Consiglio dei Ministri, stante il parere negativo del Sindaco di Pontinia per motivi sanitari precauzionali (articoli 216, 217 RD 1265/1934). Il ricorso della ditta proponente al Tar è stato respinto. Vi sono due pareri del Consiglio di Stato che danno ragione al parere del Comune e alla procedura della Provincia. La Regione Lazio ha dato il parere favorevole al progetto in merito alla richiesta preliminare di Via perchè, tra l’altro, tre comuni inesistenti non hanno inviato le osservazioni.
Assurdo che la Regione non conosca nemmeno i suoi comuni. Le motivazioni sanitarie del comune di Pontinia sono state confermate nella relazione del dottor Federico Valerio, del Servizio di chimica ambientale dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova. Solo per citare qualche passaggio della relazione del dottor Federico Valerio, che allega due pagine di bibliografia a sostegno, con 27 citazioni: «La nostra conclusione pertanto è che l’inquinamento ambientale indotto dall’impianto a biomasse che si intende realizzare a Mazzocchio-Pontinia, pur nel pieno rispetto delle norme vigenti, peggiora l’attuale qualità dell’aria con le emissioni da camino e con quelle del traffico veicolare indotto (ossidi di azoto, polveri fini, ossia PM10, ed ultra fini, ossia PM2,5), peggiora anche la qualità del suolo e dei prodotti agricoli di questi stessi suoli, con le ricadute di composti organici persistenti (diossine, furani, idrocarburi policiclici) e probabilmente di metalli pesanti.
I rischi sanitari indotti da questa contaminazione, per quanto piccoli possano essere stimati, non sono giustificati dai benefici collettivi indotti dalla realizzazione dell’impianto, il cui principale scopo è quello di massimizzare gli utili dei proponenti, in base agli attuali incentivi alla produzione di elettricità da biomasse. Diversi indicatori dello stato di salute della popolazione laziale segnalano nel territorio del comune di Pontinia alcuni tra i più elevati fattori di rischio, in particolare per l’apparato respiratorio. In questo contesto, riteniamo inopportuno aggiungere, con la centrale a biomasse, nuovi fattori di rischio che si andrebbero inevitabilmente ad aggiungere ad altri, presumibilmente già presenti. Questa opposizione ancor più giustificata dal fatto che la centrale a biomasse proposta non assolutamente una scelta obbligata, tantomeno una scelta strategica allo sviluppo del Paese».
Ricordiamo che anche il Piano energetico provinciale vigente (che prevede la capacità di produzione tale per alimentare una capacità di 10 MW), così come lo studio dell’Enea allegato al Piano energetico regionale, dimostrano la mancanza di biomassa da bruciare nell’intera regione. Se a questo aggiungiamo che in provincia di Latina già funziona la centrale a biomassa di Cisterna che produce 10 MW, e tutti gli altri progetti di cui si ha notizia attraverso gli organi di informazione, superiore a 1 MW, nella Regione Lazio non si riesce a capire come si possa giustificare una produzione di legno da alimentare la centrale progettata a Pontinia.
Abbiamo progetti d centrali a biomasse in provincia di Frosinone, Latina e Viterbo per oltre una dozzina d’impianti per un totale di 40 MWe. Nel Lazio la produzione di energia elettrica dalle centrali a biomasse e rifiuti, secondo Legambiente, è di 80 MWe. Inoltre in provincia di Latina sono già state autorizzate altre tre centrali a biomasse della potenza di circa 1 MW. è quindi evidente che i conti non tornano. è ormai noto che gli impianti a biomasse non creano posti di lavoro. Attualmente la centrale di Bando d’Argenta in provincia di Ferrara, simile a quella progettata per Pontinia, importa il materiale combustibile dal Veneto e, in parte, dal Brasile, con buona pace dell’economia locale. Si è inoltre visto come le superfici richieste per le coltivazioni energetiche siano enormi.
Le grandi centrali a biomasse (20,30,40 MW) che i privati stanno proponendo agli Enti locali in tutta Italia (Conselice, Russi, Finale Emilia) non rispondono a logiche di filiera e non hanno nessun legame col territorio. Le rese per ettaro, sia quantitative che economiche, conducono inevitabilmente al reperimento sul mercato estero dei materiali da bruciare, con buona pace della riconversione dei nostri agricoltori che dell’ambiente, sul quale graveranno i costi di trasporto. Inoltre Actelios Falck e Eridania Maccaferri hanno siglato un accordo da 300 milioni di euro per sviluppare la produzione di bioenergia negli ex stabilimenti per la lavorazione della barbabietola di Castiglion Fiorentino Russi, Fermo e Villasor, in provincia di Cagliari. Benché la volontà dichiarata sia quella di approvvigionare di materia prima locale le centrali, un moderato realismo fa supporre che non sarà proprio così. Difficile credere nell’uso di olio di girasole, quotato grezzo a più di 550 euro/t, quando si può importare olio di palma grezzo a 400 euro/t. Lo stesso discorso vale per la biomassa da legno.
Ne abbiamo un esempio con la grande centrale di Bando d’Argenta. Neanche un pioppo è stato piantato in Italia per alimentare quello stabilimento. Il mercato della biomassa considerato è extraregionale in oltre il 60% dei casi. Questo aspetto è condizionato dai costi di trasporto, dalla effettiva disponibilità nel territorio in cui sono inserite le centrali e dai costi del prodotto. Inoltre, è stato riscontrato come gli impianti di taglie superiori si approvvigionino al di fuori della regione.
Pubblicato il 04/05/2011 su http://www.terranews.it
Giorgio Libralato
Pontinia Ecologia e Territorio
Nel disordine delle 31 centrali elettriche presentate nel comune di Pontinia (14mila abitanti, una centrale ogni 450 abitanti) sono spuntati tre progetti di centrali a biomasse: una di 20 MW, due da 1 MW, una delle quali “travestita” (dalla Provincia di Latina) a impianto fotovoltaico. Non basta: tra i combustibili era addirittura previsto l’uso dell’olio di palma ed è stato oggetto di una segnalazione al Ministero per l’ambiente e successiva indagine della Forestale di Stato, perchè potrebbe derivare dalla deforestazione illegale. Si attende il completamento dell’indagine.
Il progetto della centrale a biomasse da 20 MW, nella conferenza dei servizi presso la Provincia di Latina, è stato trasmesso alla segreteria della presidenza del Consiglio dei Ministri, stante il parere negativo del Sindaco di Pontinia per motivi sanitari precauzionali (articoli 216, 217 RD 1265/1934). Il ricorso della ditta proponente al Tar è stato respinto. Vi sono due pareri del Consiglio di Stato che danno ragione al parere del Comune e alla procedura della Provincia. La Regione Lazio ha dato il parere favorevole al progetto in merito alla richiesta preliminare di Via perchè, tra l’altro, tre comuni inesistenti non hanno inviato le osservazioni.
Assurdo che la Regione non conosca nemmeno i suoi comuni. Le motivazioni sanitarie del comune di Pontinia sono state confermate nella relazione del dottor Federico Valerio, del Servizio di chimica ambientale dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova. Solo per citare qualche passaggio della relazione del dottor Federico Valerio, che allega due pagine di bibliografia a sostegno, con 27 citazioni: «La nostra conclusione pertanto è che l’inquinamento ambientale indotto dall’impianto a biomasse che si intende realizzare a Mazzocchio-Pontinia, pur nel pieno rispetto delle norme vigenti, peggiora l’attuale qualità dell’aria con le emissioni da camino e con quelle del traffico veicolare indotto (ossidi di azoto, polveri fini, ossia PM10, ed ultra fini, ossia PM2,5), peggiora anche la qualità del suolo e dei prodotti agricoli di questi stessi suoli, con le ricadute di composti organici persistenti (diossine, furani, idrocarburi policiclici) e probabilmente di metalli pesanti.
I rischi sanitari indotti da questa contaminazione, per quanto piccoli possano essere stimati, non sono giustificati dai benefici collettivi indotti dalla realizzazione dell’impianto, il cui principale scopo è quello di massimizzare gli utili dei proponenti, in base agli attuali incentivi alla produzione di elettricità da biomasse. Diversi indicatori dello stato di salute della popolazione laziale segnalano nel territorio del comune di Pontinia alcuni tra i più elevati fattori di rischio, in particolare per l’apparato respiratorio. In questo contesto, riteniamo inopportuno aggiungere, con la centrale a biomasse, nuovi fattori di rischio che si andrebbero inevitabilmente ad aggiungere ad altri, presumibilmente già presenti. Questa opposizione ancor più giustificata dal fatto che la centrale a biomasse proposta non assolutamente una scelta obbligata, tantomeno una scelta strategica allo sviluppo del Paese».
Ricordiamo che anche il Piano energetico provinciale vigente (che prevede la capacità di produzione tale per alimentare una capacità di 10 MW), così come lo studio dell’Enea allegato al Piano energetico regionale, dimostrano la mancanza di biomassa da bruciare nell’intera regione. Se a questo aggiungiamo che in provincia di Latina già funziona la centrale a biomassa di Cisterna che produce 10 MW, e tutti gli altri progetti di cui si ha notizia attraverso gli organi di informazione, superiore a 1 MW, nella Regione Lazio non si riesce a capire come si possa giustificare una produzione di legno da alimentare la centrale progettata a Pontinia.
Abbiamo progetti d centrali a biomasse in provincia di Frosinone, Latina e Viterbo per oltre una dozzina d’impianti per un totale di 40 MWe. Nel Lazio la produzione di energia elettrica dalle centrali a biomasse e rifiuti, secondo Legambiente, è di 80 MWe. Inoltre in provincia di Latina sono già state autorizzate altre tre centrali a biomasse della potenza di circa 1 MW. è quindi evidente che i conti non tornano. è ormai noto che gli impianti a biomasse non creano posti di lavoro. Attualmente la centrale di Bando d’Argenta in provincia di Ferrara, simile a quella progettata per Pontinia, importa il materiale combustibile dal Veneto e, in parte, dal Brasile, con buona pace dell’economia locale. Si è inoltre visto come le superfici richieste per le coltivazioni energetiche siano enormi.
Le grandi centrali a biomasse (20,30,40 MW) che i privati stanno proponendo agli Enti locali in tutta Italia (Conselice, Russi, Finale Emilia) non rispondono a logiche di filiera e non hanno nessun legame col territorio. Le rese per ettaro, sia quantitative che economiche, conducono inevitabilmente al reperimento sul mercato estero dei materiali da bruciare, con buona pace della riconversione dei nostri agricoltori che dell’ambiente, sul quale graveranno i costi di trasporto. Inoltre Actelios Falck e Eridania Maccaferri hanno siglato un accordo da 300 milioni di euro per sviluppare la produzione di bioenergia negli ex stabilimenti per la lavorazione della barbabietola di Castiglion Fiorentino Russi, Fermo e Villasor, in provincia di Cagliari. Benché la volontà dichiarata sia quella di approvvigionare di materia prima locale le centrali, un moderato realismo fa supporre che non sarà proprio così. Difficile credere nell’uso di olio di girasole, quotato grezzo a più di 550 euro/t, quando si può importare olio di palma grezzo a 400 euro/t. Lo stesso discorso vale per la biomassa da legno.
Ne abbiamo un esempio con la grande centrale di Bando d’Argenta. Neanche un pioppo è stato piantato in Italia per alimentare quello stabilimento. Il mercato della biomassa considerato è extraregionale in oltre il 60% dei casi. Questo aspetto è condizionato dai costi di trasporto, dalla effettiva disponibilità nel territorio in cui sono inserite le centrali e dai costi del prodotto. Inoltre, è stato riscontrato come gli impianti di taglie superiori si approvvigionino al di fuori della regione.
Pubblicato il 04/05/2011 su http://www.terranews.it
Giorgio Libralato
Pontinia Ecologia e Territorio
grazie per l'info
RispondiEliminaSalve, siete interessati ad uno scambio link?
RispondiEliminaGrazie e a presto.
SaniAmo L'Agro Pontino
http://saniamolagropontino.blogspot.com
Grazie a voi per i commenti e i link! Vi seguo! A presto
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