di Andrea Palladino
da Il Fatto Quotidiano
Emendamenti "bipartisan" puntano a rimettere sul mercato i servizi idrici, nonostante l'esito opposto del voto. A guidare l'assalto al Senato, Enzo Ghigo (Pdl) e i democratici Morando e Bosone
Negli
emendamenti al decreto privatizzazioni presentati in Senato nei giorni
scorsi si nasconde il tentativo – sostenuto soprattutto dal Pdl – di
riproporre, ancora una volta, la privatizzazione dell’acqua. La
discussione sul pacchetto Monti – che dovrà essere convertito in legge
nei prossimi giorni – è la ghiotta occasione per garantire ai grandi
gruppi multinazionali dei servizi, veri giganti finanziari, l’apertura
del mercato italiano dei beni comuni.
La battaglia parlamentare si
sta giocando sull’articolo 25 del decreto Monti, che ha dato seguito
agli ultimi provvedimenti sulla privatizzazione dei servizi pubblici
locali del governo Berlusconi. Qui si parla di cultura, di trasporto, di
reti e di acqua. Servizi che le stesse grandi corporation chiamano
“l’essenziale per la vita”. Per ora nelle due sedute della commissione
Bilancio del Senato questo nodo cruciale non è stato ancora affrontato. I
lavori di discussione degli emendamenti proseguirà nei prossimi giorni.
La
complessa legge sulle liberalizzazioni ha la struttura di una
matrioska. Per quanto riguarda i servizi pubblici locali le norme
rimandano sostanzialmente al decreto sviluppo del governo Berlusconi,
che a sua volta richiama il pacchetto anticrisi varato il 13 agosto.
Come dei novelli alchimisti, i senatori hanno dato sfogo alla fantasia,
colpendo virgole, singole parole, pezzi di frasi che apparentemente
sembrano innocue. In realtà all’interno delle centinaia di pagine
depositate in commissione Industria ci sono vere e proprie trappole
mortali. E, spesso, incostituzionali, considerando che su questo tema si
è svolto un referendum popolare.
Degni di nota sono tre
emendamenti, che puntano alla privatizzazione forzata dell’acqua.
L’articolo quattro del decreto 138 di Ferragosto introduceva in sostanza
l’obbligo per i comuni di cedere ai privati le aziende ancora pubbliche
incaricate di gestire i servizi pubblici. In quell’articolo,
nell’ultimo comma, il governo escludeva però il servizio idrico dalla
ventata di privatizzazioni. Almeno tre emendamenti presentati oggi in
Senato puntano ad eliminare questa esclusione, con il conseguente
obbligo di cessione della gestione degli acquedotti ai privati.
Particolarmente attivo in questo senso è il senatore del Pdl Enzo Ghigo,
firmatario degli emendamenti 25.62 e 25.119. Nel primo emendamento,
Ghigo gioca con le parole, parlando di liberalizzazione del servizio
idrico, per evitare la parola privatizzazione, da attuare – scrive –
“solo qualora l’iniziativa pubblica non risulti idonea a garantire i
bisogni della comunità”. Nell’emendamento 25.119 il discorso è invece
più diretto: il comma 34 dell’articolo quattro sulle privatizzazioni –
richiamato e incluso nel decreto Monti – viene radicalmente cambiato,
eliminando l’esclusione dell’acqua dall’obbligo di cessione ai privati.
In sostanza si ripropone tout court la legge Ronchi-Fitto, il cui
articolo 18bis è stato abrogato dalla consultazione referendaria.
Punta al sodo il senatore del Pd Enrico Morando,
firmatario dell’emendamento 25.0.2. Nel testo si chiede l’inserimento
di un nuovo articolo nel decreto sulle liberalizzazioni, il 25 bis.
Obiettivo dichiarato è la revisione della tariffa dell’acqua,
reintroducendo – con altre parole – almeno parte della remunerazione del
capitale investito abrogata dal secondo quesito dei referendum di
giugno.
Morando, nel testo presentato al Senato, chiede di
riconoscere ai gestori il “costo finanziario della fornitura del
servizio”, mantenendo sempre e comunque “l’equilibrio economico
finanziario” della gestione. Ovvero i due pilastri del sistema privato
dell’acqua. E’ firmato dal senatore Daniele Bosone, Pd,
un altro emendamento che ripropone una norma contenuta nella bozza del
decreto Monti, poi cassata dopo l’opposizione del movimento per l’acqua
pubblica. L’emendamento 25.105 prevede in sostanza che i servizi idrici
possono essere gestiti solo da società di capitale, azzerando di fatto
l’esperienza della giunta De Magistris, che nei mesi
scorsi ha deliberato la creazione di un ente non economico – Abc Napoli –
per sostituire la Arin Spa nella gestione dell’acqua.
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